Ventotene, ma che bella figura!

La prestigiosa rivista National Geographic denuncia a tutto il mondo il gravissimo dissesto ambientale dovuto all’amministrazione Assenso.

FRAGILI PONTINE

Le perle del Golfo di Gaeta continuano a sfaldarsi e i controlli per proteggere il territorio non sono sufficienti.

di Marco Merola

Benvenuti nel paradiso degli orchi. Ci scuserà Daniel Pennac, creatore della saga di Malaussène, ma non c’è una immagine più diretta e calzante per raccontare quel che sono oggi Ventotene e Ponza, perle del golfo di Gaeta, ostaggio dell’incuria degli uomini. Entrambe sono isole di natura vulcanica, come Ischia e Procida. Ponza vanta un’attività eruttiva leggermente più antica, circa quattro milioni di anni, che l’ha resa un sito chiave nell’ eterno urto tra le due placche continentali, quella italiana e quella tirrenica, di cui rappresenta la cerniera.

A Ventotene, dopo il crollo di un costone di tufo che il 20 aprile scorso è costato la vita a due ragazze, alla fine di giugno era ancora possibile accedere alle zone pericolose, senza alcun controllo. E a Cala Rossano spiccava un cartello con il divieto di accesso ai cani, ma nulla per segnalare l’eventuale pericolo per gli umani nel tratto di mare sottostante i costoni a rischio di crollo di massi rocciosi. L’isola è la parte affiorante di uno stratovulcano sottomarino che, secondo gli esperti, potrebbe avere una base di 300 chilometri quadrati. Tra 1,7 e 1 milione di anni fa la grande quantità di lava fuoriuscita accrebbe le pareti della bocca magmatica centrale fino a creare una formazione rocciosa emersa. l greci la chiamarono Pandoteira, dispensatrice di ogni cosa. Divenne poi, profeticamente, la terra in balìa dei venti (e degli eventi … ), che l’uomo avrebbe colonizzato in grande stile. Uno stile ormai insostenibile.

Le isole dell’arcipelago pontino, purtroppo, non han no smesso di soffrire. Il burrascoso passato geologico che ne ha mutato continuamente il volto è stato poca cosa a confronto degli sconvolgimenti causati dalla modernità e dal turismo. Sono nate strade asfaltate che hanno impedito il drenaggio delle acque piovane, più abbondanti che in passato. Il transito dei mezzi ha provocato sussulti al loro cuore tufaceo, abituato al massimo al passaggio dei carretti di campagna. Altri stravolgimenti nel piccolo arcipelago potrebbero arrivare in tempi brevi: con il probabile passaggio dal demanio agli enti locali, infatti, l’ex carcere di Santo Stefano, l’isolotto pieno di storia che fronteggia Ventotene, potrebbe essere venduto e diventare un albergo.

A tutto questo si aggiunga l’azione lenta e inesorabile dei venti e del moto ondoso, che nell’ultimo secolo e mezzo hanno mangiato 40 mila metri quadrati di Ventotene (cioè quasi il quattro per cento della superficie dell’isola) e causato un mare di guai anche a Ponza. Come? Rimodellando continuamente le coste e scavandole pericolosamente alla base. Un fenomeno noto come sgrottamento. Il risultato è che le due sorelle pontine si stanno sbriciolando. Lo annunciano senza mezzi termini gli innumerevoli studi condotti da esperti ed enti di ricerca negli anni scorsi e lo si può vedere a occhio nudo. Basta circumnavigarle in gommone per capire che stanno lottando per la sopravvivenza, e che devono essere aiutate. Valerio Bartoli, uno degli istruttori del Circolo Velico di Ventotene, ci mostra la zona di Paratella, sfregiata da sbancamenti di roccia realizzati in epoca borbonica. E poi Moggio di Terra e Cala Battaglia, dove sono evidenti i segni di crollo recente della falesia (la parete costiera composta di tufo e basalto). Sarebbe interessante avvicinarsi. Non si può, per effetto dell’ordinanza che impedisce la navigazione entro i 50 metri dalla costa. Nella maggior parte dei casi le frane non coinvolgono cose o persone. Ma qualche volta succede.

A Punta dell’Arco una turista è rimasta ferita da un sasso, era il 2009. Lo scorso 20 aprile, invece, la morte di due ragazze quattordicenni in gita scolastica: Sara Panuccio e Francesca Colonnello sono state travolte dal crollo della parete tufacea a Cala Rossano. Idem a Ponza. Un operaio precipitò dalla parete che stava mettendo in sicurezza nel 1997 , e una turista è stata seppellita da un crollo nel 2001. Entrambi gli episodi hanno avuto come scenario l’angolo più amato dell’isola, la spiaggia di Chiaia di Luna, tutt’oggi chiusa al pubblico.

«Lo stato delle coste spesso non viene né monitorato né preso sul serio dagli amministratori locali», denuncia Sergio Chiesa, dirigente di ricerca dell’Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali del CNR. «Nel 1991, con il mio istituto abbiamo partecipato a uno studio del Gruppo Nazionale di Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche per verificare lo stato di stabilità dei versanti delle aree a vulcanismo recente. È vero che rispetto a Ischia, Stromboli, Procida o la stessa Ponza, Ventotene presentava un livello di rischio più basso, ma noi abbiamo segnalato alle autorità competenti che avrebbero dovuto procedere a rilevamenti periodici, soprattutto dei bordi delle falesie e in particolar modo in quelle aree dove accedono i bagnanti».

Cosa avevano visto gli studiosi? Solo qualche fessura, pare. Niente di preoccupante … vent’anni fa. Ma raccomandavano dei riscontri perlomeno quinquennali, che non sono mai stati fatti. Del resto anche il PAI, Piano di assetto idrogeologico regionale, che viene rinnovato ogni anno, aveva sempre dato per sicura la spiaggia di Cala Rossano. «Quando abbiamo saputo dove era capitata la sciagura siamo saltati tutti dalla sedia», ricorda l’ingegnere Nicola Bosco, membro della commissione di studio che il Comune di Ventotene ha creato per individuare le criticità dell’isola. In quella zona non se l’aspettava nessuno». Eppure i ventotenesi sono coscienti di camminare su una terra delicata, che andrebbe trattata con i guanti. Alcuni anziani seduti al bar ci confessano che quando erano bambini l’unica raccomandazione che arrivava regolarmente dai genitori era di «non stare troppo sotto alla parete». E qualcuno bofonchia che «prevenire disastri non porta consensi elettorali». Rispetto a Ventotene, Ponza ha anche qualche problema in più. Una pesante urbanizzazione, talvolta abusiva, e la gestione disattenta dei rifiuti che, tra l’altro, le sottrae posizioni nella classifica delle migliori località turistiche italiane. L’ultimo caso riguarda una discarica avvistata dai cittadini proprio nella zona di Chiaia di Luna. A che livelli può spingersi l’italico masochismo …

Sul fronte della messa in sicurezza delle pareti costiere si muove qualcosa, e molto lentamente. Ponza ha avviato qualche programma “spot” sull’isola, come quello in zona Belvedere. A Ventotene poco da segnalare, almeno fino al giorno della tragedia. Tra il 2004 e il 2009, Cala Rossano è stata oggetto di estemporanei interventi di pulitura e limatura delle rocce più sporgenti ma, nonostante gli allarmi lanciati dai geologi, nel maggio 2009 il tratto di spiaggia su cui si è verificato il crollo era ancora aperto al pubblico. Parola di YouTube. In un filmato dal titolo Skizzo – in Spiaggia a Ventotene, un ragazzo compie delle acrobazie proprio davanti alla falesia maledetta. Lo ha scoperto il professor Franco Ortolani del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico Il di Napoli, ingaggiato come consulente di parte dalla famiglia Panuccio. Una zoomata nello schermo e tutto è ancora più chiaro: «Vede lo stato della parete? È completamente erosa alla base», spiega l’esperto. «Mi domando come si sia potuto asserire che questo luogo non fosse pericoloso. Anche se i tecnici lo hanno garantito per iscritto [il riferimento è, ovviamente, a chi ha redatto il PAI, n.d.r.], se fossi stato io il sindaco avrei disposto una serie di controlli dopo ogni mareggiata. E qui a Ventotene le mareggiate sono spesso fortissime».

Il video, insieme a tanto altro materiale, comprese perizie e fotografie, approderà sul tavolo del magistrato incaricato di stabilire la verità e individuare eventuali responsabilità sull’accaduto.

Ma l’isola è incantevole, soprattutto a giugno. Il mare è color smeraldo e se si alza un leggero maestrale il cielo limpido esalta il tappeto verde che la ricopre. Qualcuno, però, dà le spalle a questo spettacolo. Sono gli acrobati della “Dolomiti Rocce’: Gli uomini chiamati a imbragare la parete tufacea di Cala Nave, spiaggia principale dell’isola. Se ne stanno tutto il giorno penzoloni per fissare con cavi d’acciaio dei grandi teli neri alla roccia. Gli abitanti del luogo sono contenti che venga fatto qualcosa per il loro bene ma si rammaricano per il devastante impatto visivo che, pensano, potrebbe far scappare i turisti. Denis Dell’Agnola, sensibile capocantiere bellunese della squadra, si affretta a rispondere che nel giro di un paio d’anni saranno completamente ricoperti dalla vegetazione e non si vedranno più. Nella parte bassa della parete, invece, saranno costruiti dei muretti di cemento armato per reggere l’urto del mare, che durante l’inverno inghiotte la spiaggia e va ad intaccare la falesia. La paura generata dalla morte delle due ragazze si è mutata in consapevolezza. Ora per le isole pontine si parla di campagne fotografiche dall’elicottero e scansione 3D delle coste. Dalla regione Lazio dovrebbero arrivare 6-7 milioni di euro per i lavori di emergenza e, si spera, per la prevenzione.

Le pietre parlano, dicevano gli antichi. Oggi è dannatamente importante che qualcuno le ascolti.

© National Geographic

Fonte: TeleFree

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