L’incredibile storia del dottor Giuseppe Assenso, sindaco di Ventotene
A volte i figli superano i padri. È difficile, soprattutto quando i padri sono stati personaggi fuori dalle righe, ma in rari casi succede. È accaduto per esempio a Geppino Assenso, diventato sindaco nove anni fa di quella che ancora era considerata una terra felice, con una piccola comunità agricola cresciuta a pane, lenticchie e politica, grazie alla presenza sull’isola dell’intera intellighenzia politica e culturale antifascista, lì confinata da Mussolini.
Geppino è figlio di Sindaco, tale don Vincenzo Assenso, figlio a sua volta di un ex carcerato, e passato alla storia per il ritratto tragicomico che ci ha lasciato di lui Alberto Jacometti: «… furbo, manierato, senza scrupoli, ora umile come un mendicante, ora brutale come un re. Tutta la sua filosofia deve tener in questa frase: o lo fo fesso o mi fa fesso, e per non correre il rischio di essere “fatto fesso” fa fessi tutti …». E poi: «... Un’ immagine scultorea di se stesso, fisica e morale, la diede il giorno in cui il Santa Lucia fu bombardato. Veniva da Gaeta e lui, don Vincenzino Assenso, c’era su. Vedendo gli aeroplani avvicinarsi, si strappò ogni indumento salvo le mutandine, si munì di un salvagente e si legò il portafogli intorno al collo. Giungendo in porto sbraitava come un predicatore. Da quel giorno ogni volta che la campana suonava l’allarme, don Vincenzo aveva un fremito di cavallo, alzava la testa un attimo, intascava il portafogli e via, senza curarsi della moglie nè dei figli, nè del negozio, via a gambe levate, con quel mappamondo che non voleva seguirlo, via su da Calanave, giù per la valletta, a raggiungere le grotte, con una velocità che non avresti sospettato in quelle gambuzze di ragno. I confinati gli facevano ala e un pò si vendicavano. Lui , come un grosso topo corpacciuto, rimaneva là fino al segnale di cessato allarme, soltanto di quando in quando mettendo fuori il naso. Le cose gli sono andate bene. I militi si sono un bel dì rimpiccioliti fino a scomparire, i confinati… i confinati sono stati uomini e don Vincenzo Assenso continua a portare a spasso le sue trippe intatte …».
Medico di provincia oramai in pensione, il nostro Geppino, ex democristiano di ferro poi passato al PD, ha voluto ripercorrere le orme paterne candidandosi e vincendo le elezioni comunali per ben due volte, l’ultima delle quali ottenendo il consenso del 77% dei suoi concittadini, che lo hanno incoronato re dell’isola.
Inizialmente tutto sembrava andare per il meglio: l’isola aveva ancora mantenuto quel suo nome evocativo di Europa, Spinelli e buona politica, e Geppino quella nomea l’ha trasformata in una infernale macchina per attirare soldi pubblici: Regione, Ministero dell’Ambiente, persino la Comunità Europea hanno investito su quei pochi ettari di terra in mezzo al mare milioni e milioni di euro, tutti regolarmente spariti nel nulla. Una colata di cemento pubblico e privato, in gran parte abusivo, ha ricoperto la poca terra come una glassa grigia e compatta, invadendo ogni cosa.
E quando il vento politico nazionale é girato verso destra il nostro sindaco, come una quaglia, ha spiccato un salto e si è schierato a fianco della Polverini e del presidente della Provincia Cusani, entrambi PDL, riuscendo anche lì a farsi dare altri milioni. Il Comune di Ventotene, 700 residenti di cui un terzo extracomunitario, che in inverno si riducono a un centinaio scarso, negli ultimi dieci anni ha macinato decine e decine di milioni di euro di finanziamento pubblico.
Tutti soldi gestiti in famiglia, al massimo coinvolgendo una o due ditte di amici, sempre le stesse.
E allora ecco nuove piazze, nuove fogne, sale polivalenti, musei della migrazione degli uccelli, centri di educazione ambientale, auto elettriche pubbliche, grottoni illuminati… un paradiso insomma.
Peccato che le piazze sono finite a metá, le fogne illegali e inquinanti, le sale polivalenti mai utilizzate e giá vandalizzate, il museo della migrazione non a norma, i centri di educazione ambientale una scusa per ricoprire di soldi le mogli degli amici, le auto elettriche affidate ai parenti commercianti e le luci dei grottoni sempre spente.
Geppino arriva a paragonarsi persino ad Augusto, e con la complicità del responsabile dell’ufficio tecnico progetta, a spese pubbliche, tunnel e autostrade che nemmeno i Benetton; avrebbe fatto pure l’aeroporto se ci fosse stata abbastanza terra…
Fin qui nulla di strano; in fondo l’amministrazione di Ventotene è stata identica a quella esercitata su quasi tutti i Comuni d’Italia: una ghiotta opportunità per fare i propri interessi privati.
Curioso però che, diversamente da quanto accaduto in altri luoghi, basti pensare a Ponza dove sindaco e assessori sono stati tutti arrestati, a Ventotene nessuno è intervenuto per arginare questo Attila dei poveri: né i Carabinieri della locale stazione, né l’inutile quanto numerosa locale brigata della Guardia di Finanza, né la Capitaneria di Porto, il cui ex comandante è tra l’altro inquisito per abuso d’ufficio, né la magistratura, né tantomeno i cittadini di Ventotene… nessuno!
Il 20 Aprile 2010 una frana uccide due ragazzine, in una zona di Cala Rossano che doveva essere interdetta, ma che evidentemente era più remunerativa come spiaggia data in concessione. Parte il processo, il sindaco, insieme ad altri, viene prima inquisito, poi rinviato a giudizio e infine condannato per omicidio. Sapeva del pericolo e non ha fatto nulla.
Tutta la difesa di Geppino è ruotata intorno alle parole “fatalitá”, “io non centro”, “io non sapevo”, “per caritá”, “sono sconvolto”, “Maronna che disgrazia”, “e chi poteva immaginarlo”, ecc. Addirittura è riuscito a trasformare la morte delle due ragazzine in altri soldi: sei milioni di euro, per la precisione, per la messa in sicurezza dell’isola, ovviamente mai conclusa.
Dopo la recente condanna per omicidio, trasmessa da tutte le tv d’Italia e su tutti i giornali, Geppino ha dichiarato: «Io ho la coscienza a posto. Non mi aspettavo questo. Ma è stato un processo mediatico. La morte delle due ragazze ha colpito anche me e ha sconvolto tutta la comunità dell’isola. Se mi fossi sentito responsabile mi sarei dimesso subito, ma non l’ho fatto allora e non lo faccio ora».
Chapeau Geppino, quando la classe non è acqua!
Fonte: TeleFree