Ventotene: criminali incalliti!

Falsi, truffe, turbative d’asta. Tutto per mantenere il controllo economico e politico di Ventotene. Fino a costituire una vera e propria associazione per delinquere, impegnata a pilotare appalti a favore di ditte amiche, raggirando anche la Regione Lazio per ottenere finanziamenti, e ottenendo in cambio voti. Sull’isola culla del federalismo la gestione della cosa pubblica sarebbe andata avanti così per cinque anni, dal 2011 al 2016. Un “sistema” che non sarebbe stato rotto neppure dalle prime indagini della Guardia di finanza, dalla misura interdittiva emessa nei confronti di un dipendente comunale e dal commissariamento, dopo la caduta anticipata della giunta Assenso. La presunta organizzazione criminale anzi, in vista delle elezioni del prossimo 11 giugno, sarebbe tornata a organizzarsi, si sarebbe preparata per tornare ad operare come e più di prima, puntando anche gli oltre 70 milioni di finanziamenti promessi dal Governo per la ristrutturazione dell’ex carcere borbonico. Abbastanza per far chiedere al sostituto procuratore Roberto Bulgarini e far disporre al gip Salvatore Scalera misure cautelari per cinque dei tredici indagati, ovvero per quelli accusati di aver costituito un’associazione per delinquere. I finanzieri hanno così perquisito, sequestrato documenti e messo ai domiciliari l’ex sindaco Giuseppe Assenso, l’ex assessore Daniele Coraggio, il dipendente comunale Pasquale Romano, e gli imprenditori Claudio Santomauro e Antonio Langella.

LA CONFERENZA STAMPA A CASSINO

“Sono stati chiesti finanziamenti anche per lavori su un’area sottoposta a sequestro penale”, ha dichiarato il tenente colonnello Andrea Bello, comandante del Gruppo Guardia di finanza di Formia. “Abbiamo scoperto anche un danno erariale per almeno centomila euro e già presentato una relazione alla Corte dei Conti”, ha aggiunto in conferenza stampa il luogotenente Antonio Merolla, comandante della brigata delle Fiamme gialle di Ventotene. “Abbiamo iniziato a indagare nel 2015 sul porto e ci siamo resi ben presto conto di trovarci davanti a un vero e proprio sistema”, ha precisato sempre il tenente colonnello Bello. “Come contropartita – ha assicurato il procuratore capo di Cassino, Luciano D’Emmanuele – c’era il voto di scambio”.

L’INCHIESTA

Indagati solo a piede libero gli imprenditori Francesca Gargiulo, Raffaele Taliercio, Francesco Coraggio, Raffaele Di Gabriele, i componenti della commissione di gara Luigi Cirillo e Patrizio Quinto, l’imprenditore Giuseppe Cimino e il tecnico Catia Bianchi. Per gli inquirenti l’organizzazione avrebbe pilotato illecitamente la gestione del porto e gli appalti connessi a quell’area. Per il gip quello che è emerso dalle indagini è un “allarmante scenario caratterizzato da plurime condotte di turbativa di appalti, di falso ideologico, di truffa ai danni della Regione Lazio, avente come protagonisti personaggi appartenenti al mondo politico, amministrativo e imprenditoriale dell’isola”. Un’inchiesta in cui è stato fatto ricorso anche alle intercettazioni telefoniche e ambientali, con cimici piazzate anche all’interno del municipio. Duro sempre il giudice sul sistema degli appalti: “Le condotte manipolatorie nei procedimenti d’appalto e quelle truffaldine dirette ad ottenere contributi e finanziamenti da parte della Regione appaiono seriali e spesso sovrapponibili”. Fino ad affermare che Romano aveva escogitato una serie di escamotage, insieme ai suoi “compari d’avventura”, “per scegliere in maniera del tutto arbitraria l’impresa a cui affidare l’appalto”. Alle gare sarebbero state così convocate tutte ditte prive dei necessari requisiti, per poi far fare i lavori a quelle “amiche”.

LA GIUNTA “TRADITA”

La presunta associazione per delinquere, pur di raggiungere i propri scopi, sarebbe poi arrivata al punto di falsificare delibere di giunta, indicando come presenti assessori che non vi avevano preso parte. Questo il caso del vicesindaco Giuseppe Pepe e dell’assessore Cataldo Matrone che, sentiti dai finanzieri, hanno smentito Assenso circa la loro partecipazione alla seduta incriminata. Lo stesso sindaco che, dopo la misura interdittiva a cui venne sottoposto Romano nel 2016, parlando con quest’ultimo e apprendendo che si ipotizzava il voto di scambio tra lui e Langella, intercettato disse: “Era questo quello che temevo”. Illeciti che emergono anche da una conversazione di Cirillo captata da una cimice: “Tutto marchingegnato. Ma per che cosa? Per obbligazioni di Geppino. L’ha costretto, l’ha costretto in maniera sia verbale che psicologica a fare il bando. Proprio in prospettiva per ringraziarsi dei voti che gli ha dato Ceroblocco (alias Langella Antonio) e gli amici suoi”.

AFFARI E VOTI

Ma sul voto di scambio conferma agli inquirenti sono giunte anche da componenti della coop Porto Romano: “La cooperativa si aggiudicò la procedura di affidamento del porto nuovo a seguito di accordi intercorsi fra Langella, allora presidente della coop, e Santomauro. Accordi che avevano a base la promessa da parte di Langella di veicolare i voti di noi soci a favore di Assenso”. Ancora: “Langella ci raccontò che Santomauro lo aveva in un certo senso incastrato, ovvero gli aveva detto che se non avessimo votato Assenso non solo non avremmo mai avuto speranze di poter vincere l’affidamento del braccio del porto ma non avremmo mai avuto possibilità di ottenere alcune concessioni all’interno del porto romano che la nostra cooperativa aveva da tempo richiesto”.

PRONTI A TORNARE IN AZIONE

Secondo il gip, nonostante alcuni contrasti emersi all’interno della presunta organizzazione criminale e nonostante il commissariamento del Comune, l’organizzazione si stava preparando a tornare in azione.“Assenso e Coraggio – evidenzia il giudice Scalera – con la sicura approvazione del Santomauro, hanno partecipato alla riunione tenutasi nell’isola in data 22 ottobre 2016 per lanciare il movimento “Ventotene del fare” in vista delle prossime elezioni politiche. Sono già iniziate le operazioni per riprogrammare l’attività delittuosa da parte di importanti componenti del sodalizio profondamente radicato nell’isola da numerosi anni”.

LE ESIGENZE CAUTELARI

Nel disporre le misure cautelari, paventando il rischio di reiterazione del reato, il gip definisce la personalità dell’ex sindaco “quantomai allarmante”, con una concezione della gestione della cosa pubblica come “faccenda rimessa al suo incontrastato potere ed arbitrio”. Di più: “La sua parabola politica coincide con la carriera criminale”. Su Santomauro a pesare è stata invece anche la delega che il primo cittadino gli aveva dato per partecipare al tavolo di lavoro per la salvaguardia dell’ex ergastolo, dove ci sono in ballo oltre 70 milioni di euro. Romano poi viene considerato un soggetto che in Comune si muove con “assoluta spregiudicatezza”. Rischio di recidiva infine paventato per Coraggio e Langella.

Fonte: H24Notizie

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