«La morte di Sara e Francesca non resti impunita»

Giuseppe Assenso e Pasquale Romano, gli amministratori locali condannati per la morte di Sara e Francesca

Giuseppe Assenso, Vito Biondo e Pasquale Romano, gli amministratori locali condannati in primo grado per la morte di Sara e Francesca

Non si dà pace e non riuscirà a farlo fino a quando non avrà vinto la sua battaglia.
Una battaglia intrapresa in maniera “involontaria” purtroppo per circostanze tragiche, ma che vuole continuare a condurre fino in fondo anche per lasciare il “vessillo” di questa vittoria a tutti gli italiani. In questo caso rappresentato da una sentenza di condanna.
Bruno Panuccio, papà di una delle due ragazze morte a Ventotene, a seguito del crollo di un costone a Cala Rossano avvenuto nell’aprile 2010, a pochi giorni dal processo di Appello (fissato al 19 di ottobre) è pronto a rinnovare il suo appello.
«In Italia, tutte le sentenze relative al dissesto idrogeologico fanno riferimento alla fatalità. La causa di tante sciagure accadute, quindi, è stata sempre la fatalità, perchè non ci sono mai state le prove del contrario. Questo mi sembra che sia un insulto al buon senso degli italiani.
La sentenza di primo grado relativa alla tragedia di Ventotene, invece, è la prima che riconosce le responsabilità degli amministratori e tecnici in merito al dissesto idrogeologico».
Per questo, per Panuccio, se si riuscisse a dimostrarlo fino all’ultimo grado sarebbe «il primo caso in Italia in cui un amministratore risulta responsabile di una tragedia che ha colpito persone e luoghi».
«Si tratta di una sentenza importante – ha aggiunto -, stabilendo una volta per tutte che, se un amministratore non ottempera al suo dovere di sorveglianza e controllo, viene condannato. E qualora non faccia il suo dovere per coscienza civica, per lo meno lo farà per paura di una condanna». Per questo, Panuccio auspica che la condanna sia confermata in Appello «perchè solo così si potrebbero avere nuove conseguenze, nuovi controlli e nuove prescrizioni in materia di dissesto idrogeologico». In merito al processo, giunto a sentenza nel febbraio 2014, ha precisato: «Come cittadino ritengo che sia un insulto già parlare di omicidio colposo, quando si nascondono documenti, quando non si chiude una spiaggia, quando si ha la consapevolezza che c’è un rischio frana, tanto da avanzare una richiesta di fondi alla Regione, e poi non si mette un cartello di pericolo su quella spiaggia. Di fronte a tutto questo non fare c’è dolo, c’è un fare negativamente per mero interesse commerciale. E quindi bisognerebbe parlare di omicidio doloso e non colposo».
Per questo Panuccio attende l’udienza di Appello fissata per mercoledì e auspica che non ci sia un rinvio del processo, essendo la prescrizione fissata ad ottobre 2017. Anche se pare possa slittare per difetto di notifica. «Se non cambia il vento e si trova una soluzione la mia e la vostra rischia di restare solo una vittoria di Pirro», è stato il suo sfogo amareggiato su un social network.

Fonte: Latina Oggi

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Una risposta a «La morte di Sara e Francesca non resti impunita»

  1. Stefania scrive:

    http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=108310

    Cala Rossano ha ceduto perchè gli hanno tolto un pezzo per sostenere la strada.

    In una lettera del 17 gennaio 2007, il direttore del ministero dell’Ambiente, Mauro Luciani, informava Comune e Regione:
    “Con il Piano strategico per la difesa del suolo, sono stati erogati 219 milioni di euro per gli interventi urgenti nelle aree a elevato rischio di dissesto”.
    Tra queste, quelle di Ventotene, con l’assegnazione di un milione 790 mila euro.

    Perché con quei fondi non sono state messe in sicurezza le aree che, sicure per il Piano regionale di assetto idrogeologico, erano state già segnate da cedimenti e crolli?

    È quanto vuole appurare la procura. Gli inquirenti indagano anche sui lavori eseguiti, 7 anni fa, nella strada sovrastante Cala Rossano, con trivelle e ruspe, un forcing per quelle rocce stanche di stare in parete.

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