Storia di un uomo giusto

Già del libro di Antonio Perucatti che ha scritto su suo padre colpisce il titolo: quel “criminale” di mio padre.
Colpisce ancor più la dedica: Questo libro non lo dedico a mio padre in quanto, se avesse potuto scriverlo, lo avrebbe fatto senza alcuna esitazione dedicato ai suoi figli putativi, i detenuti.
Al mio cuore hanno invece colpito queste parole: È una storia molto particolare che ha come protagonista, Eugenio Perucati, mio padre che avrei amato anche se non fossi stato suo figlio per la nobile vocazione di volere, a tutti i costi, fare del bene ad una popolazione spesso dimenticata: quella dei detenuti che ancora oggi, per un motivo o per un altro, sconta le sue pene in condizioni disumane e non rieducative, a dispetto di quanto voluto fortemente dai Padri fondatori della nostra Costituzione.
Leggendo questo libro si capisce che invece di andare avanti siamo andati indietro perché quel “criminale” di Eugenio Perucatti, “Tutto ha inizio nell’agosto del 1952 quando a mio padre fu affidata la direzione dell’ergastolo di Santo Stefano di Ventotene”, pur di rispettare la Costituzione, infrangeva la legge e lasciava gli ergastolani liberi a lavorare, a muoversi nell’isola senza l’usanza di punirli come fanno adesso tenendoci chiusi in una cella per anni e anni.
Leggendo questo libro si comprende che la differenza tra adesso e allora è che in passato l’ergastolano di Santo Stefano di Ventotene viveva all’aria aperta e aveva molte più probabilità di uscire di quello di adesso.
Per questo molti ergastolani contemporanei occuperebbero volentieri il posto di quegli ergastolani di un tempo perché si stava meglio quando si stava peggio.
Leggendo questo libro si capisce che ora c’è più ipocrisia, ci vogliono bravi, buoni, pacifici, moderati, ragionevoli per distruggerci l’anima e la speranza.
Sì, è vero, adesso ci nutrono sufficientemente, ci fanno studiare, ci curano, viviamo nell’igiene, ma ci hanno tolto, con l’ergastolo ostativo, la speranza, perché il carcere di adesso non colpisce più il corpo, ma l’anima.
Leggendo questo libro si comprende che mentre gli ergastolani di Santo Stefano di Ventotene qualche fetta di cielo lo potevano vedere, ora nella sezione del carcere duro del regime di tortura del 41 bis il cielo non è più di tutti, perché nelle finestre hanno messo tutto intorno delle lamiere e alcuni prigionieri non possono più vedere il sole e la luna.
Leggendo questo libro si capisce che non esistono più direttori umani come Eugenio Perucatti che per rispettare la legge del cuore e la Costituzione infrangevano leggi ingiuste.
Gli uomini ombra (gli ergastolani ostativi) ringraziano Antonio Perucatti per avere scritto questo libro e per averci dato un po’ di luce.

Fonte: Spoleto City, IMG Press, Il miolibro.it

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2 risposte a Storia di un uomo giusto

  1. antonio perucatti scrive:

    volevo invitare “caparossa” a leggere anche il mio libro, oltre quello alquanto divertente di un agente di custodia che non ha avuto neanche il tempo di conoscere mio padre. Quello che dice Giuseppe Pizzato è “per sentito dire” come si usava nella Ventotene dei primi anni sessanta. Io ho scritto un libro storico, con precisione cronologica e documentale ed i tuoi “giovani” compaesani, caro caparossa, l’hanno apprezzato molto.Ma soprattutto l’hanno apprezzato gli ergastolani di oggi, gli studiosi di diritto penitenziario contemporanei ed illustri esponenti che hanno visitato quello che rimane dell’ergastolo passato alla storia come la “tomba dei vivi… a parte quel periodo
    in cui un direttore illuminato ridiede speranza ai reclusi”. Questa è storia, altro che le balle di Giuseppe Pizzato.

  2. caparossa scrive:

    ANDATE A LEGGERE IL LIBRO DI GIUSEPPE PIZZATO DI EDITORE GIAN MARIA FERRETTI NE LEGGERETE DELLE BELLE

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