Territorio ultimo atto!

“La Repubblica tutela il paesaggio della Nazione”. Questo recita la Costituzione italiana all’articolo 9.

Ebbene ben conoscendo il drammatico dissesto idrogeologico di Ventotene, più volte sottolineato in questo blog,  vi proponiamo due articoli per riflettere sulla situazione in cui versa la tutela del territorio nel nostro Paese,  e sulle colpe di chi lo amministra in nome di tutti noi.

Lo staff di Ventotene News

Liguria, un nuova ondata di cemento nel Piano Casa approvato dal centrosinistra

Si tratta di un progetto da far invidia ai berlusconiani. In realtà è stato approvato dal governatore Claudio Burlando che l’aprile scorso, in periodo elettorale, fu congelato. Ora invece c’è il via libera in un territorio dove il 45% del territorio negli ultimi 15 anni è stato mangiato dal cemento. Record italiano.
Centinaia di messaggi dai frequentatori del blog di Beppe Grillo. Un’insurrezione delle associazioni ambientaliste. Consiglieri regionali verdi che si erano schierati apertamente contro il Piano Casa presentato un anno fa dalla Regione Liguria governata dal centrosinistra. Ma alla fine sembrava che la Liguria stavolta si fosse salvata: il documento, un colpo di grazia su una regione già devastata dal cemento, era stato ritirato.
C’era stata perfino una dichiarazione del presidente Claudio Burlando che, dopo le proteste, aveva fornito assicurazioni precise: “Il Consiglio Regionale ha approvato in questi giorni la legge sul “piano casa”. Ritengo che sia un provvedimento equilibrato e giusto… Forse chi ha diffuso pubblicamente giudizi negativi preventivi dovrebbe oggi riconoscere che le cose stavano e stanno diversamente”. Si trattava, disse Burlando, “di giudizi affrettati e forse non formulati in buona fede”.
Che cosa dicevano i critici in malafede? Che il Piano Casa della Liguria concedeva ampliamenti volumetrici tra l’altro a edifici condonati e a strutture industriali. Insomma, che si rischiava uno scempio definitivo, morale e urbanistico, in una regione che negli ultimi quindici anni con la benedizione di sinistra e destra ha perso il 45 per cento del territorio libero da costruzioni (record italiano).
Ma sono trascorsi dieci mesi. Soprattutto sono passate le elezioni che Burlando e il centrosinistra temevano di perdere se il loro elettorato si fosse ribellato. E così ecco adesso che la Giunta ha approvato il suo Piano Casa definitivo. Il contenuto: ampliamenti per gli immobili condonati e per i manufatti industriali e artigianali (leggi capannoni). Non solo: possibilità di demolire e ricostruire con aumento volumetrico estesa a tutti gli immobili, dunque non soltanto a edifici pericolanti e ruderi. Insomma, i timori avanzati da chi, secondo Burlando, “aveva avanzato giudizi negativi preventivi… e forse non formulati in buona fede” sembrano essersi quasi tutti concretizzati.
Pare il Piano Casa dei sogni per una giunta di centrodestra. Roba da far impallidire Ugo Cappellacci. E invece a votarlo è stata una giunta guidata dal Pd. Di più: le norme più contestate sono state fortissimamente volute dall’Italia dei Valori, nella persona dell’assessore all’Urbanistica (e vicepresidente della Giunta), Marylin Fusco.
Certo i liguri ormai non si stupiscono più di tanto, visto che il centrosinistra locale è sponsor da anni del cemento. Che ha appoggiato o accolto in silenzio progetti che hanno riversato sulle coste liguri milioni di metri cubi di cemento. Le gru ormai sono parte del paesaggio. La febbre da cemento non ha risparmiato nessuno: industrie, colonie, ospedali, manicomi, ogni pietra è stata riconvertita in appartamenti e spremuta per produrre fino all’ultimo euro.
Ma che cosa prevedono nel dettaglio i punti più contestati del Piano? Tanto per cominciare possono accedere ai benefici del Piano Casa, dunque agli ampliamenti, anche gli immobili condonati per abusi classificabili come tipologia 1. In parole povere sottotetti, singoli vani, cantine e verande. “Stiamo dando la possibilità di modesti ampliamenti a realtà deboli, tipiche dell’entroterra e della campagna”, assicura oggi Burlando. Ma c’è chi invece teme che la norma sia un regalo ai ricchi proprietari delle case della costa (dove ogni metro quadrato vale oro). Il punto è, però, un altro: si premia chi non ha rispettato le norme urbanistiche, chi ha realizzato degli abusi. E proprio qui colpisce l’atteggiamento dell’Idv, sulla carta paladino del rispetto delle regole.
Non basta: gli ampliamenti volumetrici fino a un massimo del 35 per cento non riguardano più solo le abitazioni ma anche i manufatti industriali e artigianali. Insomma, i capannoni, dove un ampliamento può significare migliaia di metri cubi in più. Burlando non ha dubbi: “Abbiamo dato la possibilità di modesti ampliamenti volumetrici a favore delle attività produttive in un momento di drammatica difficoltà per le nostre imprese”.
Ma visto quello che è successo in Liguria qualche dubbio è perlomeno legittimo: in tanti ricordano come basti poi una piccola variazione di destinazione d’uso, due righe sui documenti, per trasformare una zona industriale in residenziale. Gli esempi non mancano: a Cogoleto dove sorgeva la Tubighisa alcuni imprenditori amici del furbetto Gianpiero Fiorani stanno realizzando 174mila metri cubi di nuove abitazioni per 1.500 abitanti. Un’operazione voluta con tutte le forze dall’amministrazione di centrosinistra e firmata dall’architetto Vittorio Grattarola, fraterno amico di Burlando e membro della sua associazione politica Maestrale (accanto ad altri architetti, imprenditori del mattone e tecnici pubblici che si occupano di urbanistica e, ovviamente, al presidente della Regione che dà il via libera ai progetti).
Di più: la possibilità di demolire e ricostruire con relativi aumenti volumetrici è stata estesa a tutti gli edifici, non soltanto a quelli pericolanti e ai ruderi come sembrava inizialmente. Un’altra norma che apre le porte a decine di migliaia di metri cubi nuovi. Magari in zone di pregio. Basta? Chissà. Adesso la parola passa al Consiglio Regionale e il centrodestra è già pronto a chiedere che gli edifici alberghieri siano anch’essi ammessi ai benefici.
“Il Pdl e la Lega volevano altro. Così come le associazioni dei costruttori”, disse dieci mesi fa Burlando. Oggi possono dirsi accontentati. Meno soddisfatti paiono alcuni esponenti del centrosinistra che timidamente stanno cercando di manifestare i loro dubbi.
E pensare che un anno fa perfino il centrosinistra nazionale era insorto contro il Piano Casa Burlando: “È il piano più cementizio d’Italia”, aveva attaccato il senatore democratico Roberto Della Seta, accusando la “lobby del cemento” interna al partito. Pippo Civati e Debora Serracchiani non erano stati meno duri: “Se la realtà del Piano varato da un’amministrazione di centrosinistra dovesse superare le fantasie di Berlusconi, ci sarebbe da preoccuparsi – affermò Civati – quindi invito Burlando a riflettere sui contenuti della legge e sulle conseguenze che può avere su un territorio ligure già sufficientemente maltrattato. Il centrosinistra ligure abbia la forza di distinguersi da questo modo di procedere. La nostra generazione non si deve macchiare degli stessi errori compiuti dalla precedente”.
Il Pd ligure, però, già allora aveva fatto capire che aria tirava: “Serracchiani e Civati farebbero bene a pensare ai fatti loro, anziché parlare di argomenti che non conoscono”, disse Mario Tullo, allora segretario ligure del Pd. Di sicuro lui di cemento ne sa parecchio.
Ma ormai la Liguria si prepara a un’ennesima ondata di cemento. Anche se Burlando rassicura: “Abbiamo aperto una riflessione sullo sviluppo dei nuovi porti turistici, visto che il Piano della costa del 2000 ha già raggiunto il suo obiettivo di 10mila nuovi posti barca”.
Basta posti barca, sembra dire Burlando. E pensare che era stato proprio lui nel 2005 a dichiarare: “Un mio amico di Bologna (Romano Prodi, ndr) si è augurato di vedere sulle nostre spiagge più ombrelloni e meno porticcioli. Io invece dico: più ombrelloni e più porticcioli”. Era stato sempre Burlando a partecipare soddisfatto alla posa della prima pietra del Porto di Imperia voluto da Claudio Scajola e finito oggi nel mirino della magistratura. Ed erano stati amici di Burlando, come il tesoriere della sua campagna elettorale, a far parte del cda della Marinella spa (allora controllata dalla banca “rossa”, il Monte dei Paschi) che a La Spezia ha lanciato il progetto per un nuovo porticciolo da oltre mille posti nella splendida area della foce del Magra. Basta porticcioli, forse perché non c’è più un centimetro libero di costa dove costruirli: in Liguria ormai c’è un posto barca ogni 47 abitanti. Basta, adesso meglio puntare sul Piano Casa.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

***

L’Italia a rischio frane e alluvioni: 3,5 milioni di persone quotidianamente in pericolo

Abitazioni costruite in aree a rischio nell’82% dei comuni fabbricati industriali nel 54%. Ritardi nella prevenzione per il 78% delle amministrazioni. Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile presentano i dati sul dissesto idrogeologico e sulle attività di prevenzione in Italia.

L’Italia si scopre sempre più fragile: troppo cemento lungo i corsi d’acqua così come a ridosso di versanti franosi mentre ancora è grave il ritardo nelle attività di prevenzione.
Sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree ad alta criticità idrogeologica, una fragilità endemica che non risparmia nessuna regione italiana. Nell’82% dei comuni intervistati da Ecosistema rischio 2010 sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana e nel 31% dei casi sono presenti in tali zone addirittura interi quartieri. Nel 54% delle municipalità sono presenti in aree esposte al pericolo di frane e alluvioni fabbricati industriali e nel 19% strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali. Complessivamente si può stimare che ogni giorno nel Paese ci siano oltre 3 milioni e 500 mila cittadini esposti al pericolo di frane o alluvioni.
Considerando globalmente il lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico sono appena il 22% i comuni che intervengono in questo settore in modo positivo, mentre il 43% non fa praticamente nulla per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane.
Dati confortanti arrivano invece dalle attività svolte nell’organizzazione del sistema locale di protezione civile: il 76% delle amministrazioni comunali possiede un piano d’emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, e nel 51% dei casi i piani sono stati aggiornati negli ultimi due anni.
È questa la fotografia del pericolo frane e alluvioni in Italia scattata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con Ecosistema Rischio 2010. L’indagine, realizzata nell’ambito della campagna nazionale Operazione Fiumi 2010, che ha monitorato le attività nell’opera di prevenzione di frane e alluvioni realizzate da oltre 2.000 amministrazioni comunali fra quelle classificate ad elevato e a molto elevato rischio idrogeologico.
Il dossier Ecosistema rischio 2010 è stato presentato questa mattina in conferenza stampa a Roma dal capodipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli, dalla direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni e del responsabile nazionale protezione civile di Legambiente Simone Andreotti.
“I danni provocati dalle recenti alluvioni che hanno colpito il Veneto, la Calabria e la Campania – ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Rossella Muroni – sono la  testimonianza di quanto il nostro Paese sia sempre più esposto al rischio idrogeologico. Non può bastare evidentemente il sistema di pronto soccorso per l’emergenza già in corso, ma è necessaria una concreta politica di prevenzione per non assistere mai più a drammatiche vicende come, per esempio, quella di Atrani in Costiera Amalfitana, agendo prioritariamente proprio sul reticolo idrografico minore, su quei fiumi, torrenti e fossi che sembrano rappresentare oggi la vera emergenza dell’Italia. Serve una strategia pianificata che possa garantire la sicurezza dei cittadini mettendoci anche al riparo dai costi salatissimi, per lo Stato e quindi per i cittadini, delle continue emergenze”.
Solo per fronteggiare le più gravi emergenze idrogeologiche, nell’ultimo anno lo Stato ha stanziato circa 650 milioni di euro. Risorse fondamentali per il funzionamento della macchina dei soccorsi, per l’alloggiamento e l’assistenza agli sfollati, per supportare e risarcire le attività produttive e i cittadini colpiti e per i primi interventi di urgenza.
“La vera grande opera di cui ha bisogno il Paese è un intervento di prevenzione e manutenzione dei corsi d’acqua su scala nazionale – commenta Simone Andreotti, responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente -. Un’opera di prevenzione improrogabile attraverso la quale affermare una nuova cultura del suolo e del suo utilizzo, scegliendo come prioritaria la sicurezza della collettività e mettendo fine a quegli usi speculativi e abusivi del territorio che troppo spesso caratterizzano ampie aree del Paese.”.
Sempre secondo i dati di Ecosistema rischio nel 69% dei comuni intervistati sono state svolte attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e/o opere per la messa in sicurezza del territorio e dei versanti: è importante notare tuttavia che tali interventi di messa in sicurezza troppo spesso seguano filosofie vecchie, non vengano studiati su scala di bacino e nel rispetto delle dinamiche naturali dei corsi d’acqua, rischiando di trasformarsi in alibi per continuare a costruire lungo i nostri fiumi. E intanto le delocalizzazioni procedono a rilento: soltanto il 6% dei comuni intervistati ha intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e appena nel 3% dei casi si è provveduto con interventi analoghi su insediamenti o fabbricati industriali. La difficoltà di attuare interventi di delocalizzazione è anche legata alla generale resistenza delle popolazioni ad accettarla anche a fronte di un rischio acclarato, rispetto al quale i possibili interventi strutturali hanno scarsa possibilità di successo.
Il comune più meritorio nella prevenzione delle frane e delle alluvioni è Senigallia (AN), che ha conquistato il primato nazionale nella speciale classifica di Ecosistema rischio 2010 grazie alla realizzazione di interventi di delocalizzazione degli insediamenti abitativi e industriali dalle zone esposte a maggiore pericolo e all’organizzazione di un buon sistema locale di protezione civile.
“Maglie nere”, invece, per otto comuni che ottengono un pesante zero in pagella: Bolognetta (Pa), Ravanusa (Ag), Coriano (Rn), San Roberto e Fiumara (Rc),  Paupisi (Bn) e Raviscanina (Ce), comuni nei quali è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate attività mirate alla mitigazione del rischio, né dal punto di vista della manutenzione del territorio, né nell’attivazione di un corretto sistema comunale di protezione civile.

COMUNI A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA

Regione Comuni a rischio % Comuni a rischio
Calabria 409 100%
Provincia Autonoma di Trento 222 100%
Molise 136 100%
Basilicata 131 100%
Umbria 92 100%
Valle d’Aosta 74 100%
Marche* 239 99%
Liguria 232 99%
Lazio 372 98%
Toscana 280 98%
Piemonte 1.049 87%
Abruzzo 294 96%
Emilia Romagna* 313 95%
Campania 504 92%
Friuli  Venezia Giulia 201 92%
Sardegna 306 81%
Puglia 200 78%
Sicilia 277 71%
Lombardia 929 60%
Provincia Autonoma di Bolzano 46 59%
Veneto 327 56%
TOTALE 6.633 82%

Fonte: Report  Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio “Rischio idrogeologico in Italia” – ottobre 2008

*dato aggiornato con l’avvenuto passaggio di 7 amministrazioni Comunali dalla Regione Marche alla Regione Emilia Romagna nel 2009

URBANIZZAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANE E ALLUVIONI NEI COMUNI ITALIANI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Abitazioni in aree a rischio idrogeologico 1.479 82%
Quartieri in aree a rischio idrogeologico 560 31%
Industrie in aree a rischio idrogeologico 973 54%
Strutture sensibili in aree a rischio idrogeologico 334 19%
Recepimento PAI nel piano urbanistico 1.385 77%

Fonte: Legambiente

ATTIVITA’ REALIZZATE DAI COMUNI ITALIANI PER LA PREVENZIONE DI FRANE E ALLUVIONI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Delocalizzazione di abitazioni 101 6%
Delocalizzazione di fabbricati industriali 48 3%
Manutenzione / Opere di messa in sicurezza 1.229 69%
Sistemi di monitoraggio e allerta 741 41%

Fonte: Legambiente

PIANIFICAZIONE COMUNALE D’EMERGENZA PER LA PREVENZIONE DI FRANE E ALLUVIONI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Piano d’emergenza 1.355 76%
Aggiornamento del piano d’emergenza 906 51%
Censimento soggetti vulnerabili 1.028 57%
Attività di informazione 454 25%
Esercitazioni di protezione civile 437 24%

Fonte: Legambiente

LAVORO DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO SVOLTO DAI COMUNI ITALIANI

Lavoro svolto Percentuale comuni Classe di merito Numero comuni Percentuale comuni
Positivo 22% Ottimo 1
Buono 96 5%
Sufficiente 300 17%
Negativo 78% Scarso 620 35%
Insufficiente 776 43%

Fonte: Legambiente

Fonte: Dazeba News

Questa voce è stata pubblicata in Ambiente, Politica e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.