L’atto d’accusa nel giorno in cui si intitola una scuola della Protezione civile alle ragazze morte per il crollo di un costone. «Ora i soldi ci sono, che li spendano bene»
«Ci si poteva muovere prima, non mi dà pace il pensiero che si dovesse arrivare alla morte di Sara e Francesca, due ragazze anonime di Roma, ma per noi speciali, per intervenire». Non riesce a farsi una ragione di quanto è accaduto tre mesi fa a Ventotene, Bruno Panuccio, padre di Sara, una delle due studentesse quattordicenni che lì persero la vita a causa del crollo di un costone roccioso, mentre erano in gita scolastica.
«chiediamo giustizia»– Martedì mattina a Castel di Guido è stato intitolato loro un campo scuola della Protezione Civile, alla presenza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. Mentre parla, Bruno cerca di calmare la moglie Martina, presa da un pianto disperato, sotto gli sguardi umidi di lacrime di Maurizio e Vincenza Colonnello, papà e mamma di Francesca. Loda l’iniziativa, «non tanto per il ricordo, ma per i ragazzi che qui vengono ospitati e introdotti al rispetto dell’ambiente», ma non rinuncia al suo atto d’accusa: «bastavano 10 mila euro per mettere in sicurezza quella rete ed ora, come se niente fosse, si trovano 120 milioni di euro», riferendosi alle risorse per la difesa del suolo stanziati da Ministero dell’ambiente e Regione Lazio. «Speriamo che queste risorse siano bene spese, perchè sarebbe il colmo che il sangue di Sara e Francesca andasse ad ingrassare qualche amministrazione corrotta». Infine un appello: «Sosteneteci nel chiedere giustizia. Noi siamo ergastolani a cielo aperto, perchè il nostro dolore sarà eterno, ma qualcun altro potrebbe scontare poco o niente. Ma noi non possiamo dimenticare, perchè per me è successo oggi. Per me è sempre oggi».
le madri – «Voglio mia figlia, voglio Sara, vi prego ridatemela. Non ce la faccio ad andare avanti». Le urla disperate di Martina sono arrivate proprio nel momento in cui ha visto il nome di sua figlia Sara sulla targa che intitola alle due ragazzine morte nel crollo di Ventotene, il campo scuola a Castel di Guido. La madre di Sara si è fatta forza durante tutta la cerimonia; ha pianto ma in silenzio. Poi quando il fratellino di Francesca, l’altra vittima, ha tirato giù la stoffa che copriva la targa, Martina ha ceduto e si è inginocchiata subito sorretta dal marito Bruno e dal sindaco Alemanno. Anche la madre di Francesca ha voluto parlare del suo dolore ringraziando «chi ci è stato vicino. Facciamo in modo che non sia inutile e che nessuno debba ancora piangere i propri figli». Al termine della cerimonia uno dei volontari ha liberato un gheppio, un rapace ritrovato in quel luogo e curato prima di essere rimesso in libertà.
Alemanno e Polverini – Il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la presidente della Regione Lazio hanno voluto rassicurare i genitori. «Andremo fino in fondo» per capire se ci sono responsabilità sul crollo di Ventotene perchè «è ovvio che sia io che Renata Polverini non possiamo ammettere nessun colpo di spugna», ha detto Alemanno . «Dobbiamo sapere se ci sono responsabilità, senza caccia alle streghe ma senza fare sconti perchè di fronte a due ragazze di 14 anni che sono morte non ci può essere nessuna indulgenza». Sugli stanziamenti è intervenuta Renata Polverini. «I soldi non saranno utilizzati male. Abbiamo dato una piccola risposta a quello che ci avete chiesto, non servirà a ridare la vita a Sara e Francesca ma certamente non la renderà van». Polverini ha ricordato di essersi recata sul luogo della frana: «Lì, – ha detto – mi presi un atto d’accusa molto forte da parte di Bruno, mi chiese di fare qualcosa. Io da allora ho messo in campo tutte le forze fisiche ed economiche della Regione ma soprattutto ha sottoscritto un accordo di programma con il ministero dell’Ambiente, in grado di dare una prima importante risposta: 120 milioni di euro saranno destinati a sistemare i nostri territori e a renderli sicuri. I lavori – ha concluso – partiranno proprio da Ventotene, dove Sara e Francesca hanno perso la vita».
Fonte: Corriere della Sera