Dopo Beniamino il diluvio!

Giuseppe Assenso

Duemila anni di storia e bellezza spariti in un attimo. Storia della cricca criminale che in dieci anni ha distrutto un’intera comunità e il suo territorio.

Dieci anni, ci sono voluti soltanto dieci anni per cancellare definitivamente i millenni di storia umana e naturale che hanno plasmato l’isola di Ventotene rendendola quel paradiso che molti, i più fortunati, hanno avuto modo di conoscere fino ad un decennio fa.

Dalla morte improvvisa nel 1999 del sindaco Beniamino Verde, uomo lungimirante che aveva realmente a cuore la salvaguardia dell’immenso patrimonio culturale e naturalistico rappresentato da Ventotene e S. Stefano, coloro che lo hanno sostituito hanno fatto a gara per spolpare e devastare quanto c’era di bello e unico sull’isola. Il tutto con un solo scopo: quello di trarre il massimo profitto personale per sé e per i propri congiunti.

Vere e proprie ‘cricche’ costituite dal sindaco, dai suoi parenti, dagli assessori e dai dirigenti comunali, appoggiati esternamente da zelanti funzionari regionali e ministeriali, che per il denaro hanno permesso l’abusivismo edilizio sin dentro al Porto Romano e nella zona A della Riserva Naturale (ad oggi 2/3 delle abitazioni isolane sono illegali), ricoperto con tonnellate di cemento interi pezzi di territorio (con la scusa di inutili quanto devastanti e mal eseguiti ‘lavori pubblici’), progettato e asfaltato strade, permesso lo scempio di un territorio piccolissimo (1,2 Km2) e fragilissimo senza alcun controllo.

Omuncoli convinti del fatto che l’interesse pubblico è la somma degli interessi di alcuni, e che per sviluppo debba essere intesa la riuscita della “stagione”, ovvero il concentrare in due mesi il massimo numero di turisti possibili (oltre 5.000) su 200 metri lineari di spiaggia, offrendo loro servizi da terzo mondo a costi stratosferici. Una politica talmente miope e senza sbocchi da risultare idiota e suicida, purtroppo condivisa da molti cosiddetti ‘operatori turistici’ locali.

Ovviamente in questo maledetto decennio le parole prevenzione, salvaguardia, tutela e sostenibilità sono state bandite dal vocabolario isolano, e allora l’isola si è rivoltata. Il 20 aprile scorso il crollo di un costone di tufo ha ucciso due bambine innocenti, Sara e Francesca, e ferito gravemente una loro compagna, Athena. Di fronte alle conseguenza penali e alle responsabilità il sindaco è entrato nel panico, ha commissionato – in nome della ‘sicurezza’ e per salvare la suddetta “stagione” – ulteriori lavori urgenti di cementificazione dei costoni naturali, deturpando così anche l’ultima delle bellezze naturalistiche che caratterizzavano Ventotene, ma è stato tutto inutile.

Oggi, in pieno luglio, solo pochissimi turisti si avventurano sull’isola e ieri l’altro la Regione Lazio ha interdetto al pubblico il 97% delle coste, comprese case, alberghi e ristoranti che si trovano a 150 metri da esse: in pratica tutta Ventotene. A questo punto solo un generale e profondo ripensamento delle politiche di sviluppo del territorio, che miri a valorizzare in forma compatibile le ricchezze straordinarie sia naturalistiche che storiche e culturali presenti sull’isola potrà salvare, forse, Ventotene. Basta notti bianche, elezioni di miss sotto le stelle, giochi del mare o revival dello yacht d’epoca. Il turismo di massa che vuole ciò va a Rimini, dove queste cose le sanno fare molto meglio offrendo, tra l’altro, servizi ottimi a prezzi abbordabili. Un turismo più consapevole e attento è quello adatto ad un territorio fragile e piccolissimo come quello di Ventotene, che veda anche il coinvolgimento della forza lavorativa giovanile, oggi sbandata e lasciata a se stessa, e che possa essere spalmato su tutti i 12 mesi dell’anno.

Ciò solo dopo aver eradicato, politicamente o attraverso la magistratura, quella ‘cricca’ rozza ed imbecille che in soli dieci anni è stata capace di portare alla rovina un’intera comunità e il suo territorio.

Fonte: ProvinciaLatina TV

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