Tragedia di Ventotene: la “tragica fatalità” ha tanti nomi, e cognomi

20130219-195155.jpgil commento di Bruno Panuccio all’udienza di ieri per la morte della figlia e di Francesca

Ennesima udienza a Gaeta per l’omicidio di Sara e Francesca .
Sono stati escussi i consulenti tecnici richiesti dal Pm Nunzia D’Elia .
Il dott. Tarozzi ha curato prevalentemente l’aspetto normativo ed organico in relazione alla formazione del PAI , il dott. Amodio ha parlato dellì’operatività degli interventi e la conoscenza della pericolosità del sito ed il dott. Lembo Fazio ha edotto i presenti sulle caratteristiche geomorfolighe dell’isola .
Per breve sintesi ( sarebbero altrimenti 6 ore di udienza ) mi soffermerò su ciò che per me ha avuto maggior rilievo .

Per prima cosa , anche perchè la reputo la più importante , il dott. Lembo Fazio , ha ribadito che la conformità tufacea di Ventotene è a priori pericolosa , a differenza di quella calcarea .
Come dissi io , da ignorante in materia , anche il termine roccia è una forzatura perchè in realtà si tratta di insieme di terra .
Di origine vulcanica , in seguito all’eruzione , il materiale piroplastico si posiziona lasciando nella parte bassa lo strato formato maggiormente da polveri e nella parte più alta blocchi impropriamente chiamati rocciosi ; i legami di compattezza risultano molto labili e sono per loro natura destinati a modifiche nel tempo anche perchè soggetti ad agenti esterni quali la pioggia ed il successivo essiccamento , il vento forte ( dal quale peraltro l’isola stessa prende il nome ) , la corrosione dovuta alle maree , per non dimenticare inoltre la capacità di carico dovuta allo sforzo di sostenere strutture sovrastanti quali strade ed edifici ( ed a Ventotene Dio cemento la fa da padrone , rientrando tra i guinnes dei primati nazionali per abusivismo edilizio ) , per ultimo mettiamoci anche l’errato convogliamento delle acque pluviali , le quali tramite infiltrazione danno il loro apporto all’indebolimento ulteriore di ciò che fragile lo è già per i punti precedenti .
La falesia è quindi destinata ad arretramenti successivi e progressivi fino a giungere al punto di collasso ed al conseguente crollo , è un dato certo e l’unica incognita è il quando .

Quindi tra Madre Natura ed opera dell’uomo , il 20 aprile 2010 , Sara e Francesca non sono morte per alcuna fatalità , non si è avuto alcun evento eccezionale : si sono solo trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato , ma tengo a sottolineare che se ciò fosse avvenuto prima o dopo sarebbero solo cambiati i nomi ed il numero delle vittime : non per niente 10 minuti prima lì sotto c’era un’altra classe piena di ragazzi che si spostarono per cedere involontariamente il destino di vittime alle nostre figlie e solo qualche minuto prima i compagni di Sara e Francesca si alzarono per una foto e restarono miracolosamente illesi , nel fisico , ma non nell’animo , ed Athena porta oggi e porterà in futuro anche i segni sul corpo di quel maledetto giorno .

Veniamo ora al PAI ( Piano di Assetto Idrogeologico ) .
Nasce dopo la tragedia di Sarno al fine di monitorare ed intervenire in materia di tutela del territorio e salvaguardia delle popolazioni in materia di frane , inondazioni , ecc.
Ha una normativa ampia ed in evoluzione continua , ma quel che mi preme evidenziare è che ha un’organigramma la cui spiegazione tralascio per non causarvi mal di testa .
Vi basti sapere che somiglia ad una piovra dai mille tentacoli , e che l’intreccio tra di loro appare quasi un disegno diabolico : comitati tecnici ed istituzionali nei quali la commistione tra membri tecnici e politici raggiunge il paradosso nel momento in cui una persona ha ruolo sia in un organo che in un altro , in cui si è superiori e subalterni . si è controllori e controllati , si è responsabili ed esenti , si è tenuti a sapere ed anche ad ignorare , si decide oppur si accetta .
Il mio giudizio è che alla fine si è più impegnati a ricoprire ruoli che ad operare .
Ciò lo desumo dal fatto che dopo il crollo del 2004 a soli venti metri circa da quello del 2010 nulla cambiò negli aggiornamenti delle cartografie inerenti la pericolosità della zona .
Si spesero soldi per dei lavori che tralasciarono la palettatura e l’ancoraggio delle reti , indicazione dell’Ex Genio Civile di Latina tramite il dott. Pizzuti ( uno degli imputati ) il quale poi però diede il visto alla conformità dei lavori eseguiti con la ” somma urgenza in loco dalla ditta Santomauro .
Allora si chiese anche uno studio per verificare le cause del crollo , al fine di opera di prevenzione , ma non se ne fece nulla .
Particolare rilevante è che la conferenza dei servizi , l’unica alla quale partecipò l’amministrazione comunale , e dove si decisero interventi e stanziamenti si svolse a Ventotene , lo ricordo solo per rammentare che altri imputati dichiarano la loro completa ignoranza sulla pericolosità del sito .
A tutte gli altri incontri programmatici del PAI disertarono l’invito ne trasmisero mai osservazioni per variare positivamente o negativamente la classificazione sulla pericolosità idrogeologica dell’isola.
Unica eccezione fu una richiesta nel 2006 di somme ingenti per problemi di sicurezza a Cala Rossano , ma la motivazione fu sommaria , la documentazione incompleta ed al rifiuto di elargizione nulla fece seguito , ma anche qui casca l’asino : si è chiesto aiuto ieri ma oggi in aula si dichiara di non sapere della pericolosità della zona .
Lo so che mi sono ripetuto , ma ” repetita juvant ” !!!!
Poi nel 2009 , a circa 80 metri dal crollo del 2010 , in seguito a crepe vistose si fecero altri lavori di somma urgenza in seguito alla segnalazione della capitaneria di porto , ma anche in questo caso , nessuno si preoccupò di delimitare l’accessibilità fin sotto il costone .
Ed ecco che l’asino casca un’ ……vabbè , avete capito .

Ma allora , a fronte di tutta questa cronistoria ufficiale , perchè c’è anche l’omessa che è ancora più corposa , come mai il 95 per 100 dell’isola era ritenuto a rischio R4 mentre Cala Rossano e Cala Nave erano ufficialmente sicure ? e perche mai nessuno si preoccupò di porre almeno una transenna o un cartello di interdizione a porsi sotto il costone ????

In aula risposta non c’è stata , ma quanto era forte la mia voglia di gridare ” PERCHE’ ALTRIMENTI AVRESTE DOVUTO CHIUDERE BOTTEGA E STRINGERE IL PORTAFOGLIO ” ma son riuscito a tenermelo dentro .

Bruno Panuccio 19.02.2013

Fonte: Facebook

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7 risposte a Tragedia di Ventotene: la “tragica fatalità” ha tanti nomi, e cognomi

  1. Elena scrive:

    Tra pochi giorni sarà Pasqua, saranno tre anni da quel 20 aprile del 2010 quando dal costone di tufo di Cala Rossano si staccò un macigno che non lasciò scampo a Sara e Francesca.
    Non potranno non pensarci quelli che oggi si difendono con maestria dall’accusa di morte.
    Pensate a quando si poteva e non avete voluto.
    Lentamente muore chi diventa schiavo del denaro e della menzogna

  2. GRILLOPARLANTE scrive:

    Esito delle votazioni a ventotene
    Un risultato scontato ma quello che più preoccupa e’ la mancanza di elettori.
    Come sempre il papà nero e il papa tengono in mano quattro fessi e gli convincono a far votare quelli che più gli promettono qualcosa.

  3. dalcanileinsedutacomune scrive:

    come fà adesso qualche soggetto del vecchio pc a votare persone di destra? eppure sono persone convinte e amici del sindaco.
    che amarezza !!!!!!!!

  4. ass.amb. contro. L'ABBUSIVISMO a ventotene ALL'ATTENZIONE DELL'ASS. A. CAPONETTO scrive:

    ATTENZIONE ai voti di scambio reGEPPOSSOconsiglia STO-RACE!!!

  5. mov. 5 stelle -addavniCAPllON X LA VITTORIA FINALE scrive:

    PERCIO’ questa voltaVOTATE PULITO ANCHE SULL’ISOLA!!!BASTAA CON I VECCHI AMICI DI RE’ GEPPOSSO( AVETE VISTO A ROMA CHE FOLLA PER GRILLO!!!)

  6. A Ventotene non ne sanno niente??? scrive:

    A Ventotene non ne sanno niente???

    Un lavoro a termine. Una lavatrice. Una ricarica da 50 euro per il cellulare. Nell’Italia in crisi, anche il mercato dei voti si adegua: ora comprarsi le preferenze costa poco, anzi pochissimo. Una pratica che parte dal ‘voto di scambio’ criminale ma è molto più pervasiva. E racconta di un Paese corrotto e disperato(21 febbraio 2013)Roberto SavianoUn voto cinquanta euro. Sei voti per quella determinata parte politica: una lavatrice o un frigorifero a scelta. Un voto familiare per una Tac. Un gruppo di voti e la banca eroga ancora soldi niente voti niente credito. Un voto per un paio di scarpe da ginnastica, un lampione nel cortile, biglietti per una partita di calcio. Un tempo lontano dalla crisi votava la famiglia e il primogenito otteneva un posto di lavoro oppure una casa. Oggi, a quanto pare, ci si accontenta anche di molto meno. Come nel dopoguerra, di pacchi di pasta e beni alimentari: siamo in difficoltà e anche chi acquista voti può farlo a buon mercato.

    Tra poche ore – domenica 24 e lunedì 25 febbraio – saremo chiamati al voto per il rinnovo dei due rami del Parlamento con una legge elettorale antidemocratica che l’Assemblea uscente non è stata in grado di cambiare. Insieme alle politiche, in Lombardia, Lazio e Molise i cittadini andranno alle urne anche per il rinnovo anticipato dei consigli regionali e per l’elezione diretta dei presidenti delle giunte. Tre regioni simbolo dove il Pdl, i suoi alleati e in molti casi l’opposizione hanno dato il loro peggio, fornendo un quadro di degrado politico e a volte umano che, come spesso mi è capitato di dire riferendomi alle stravaganze e all’efferatezza delle organizzazioni criminali, se un romanziere avesse voluto inventarlo, non sarebbe riuscito ad arrivare a tanto.

    Le elezioni non si vincono a Roma, a Milano, a Torino come erroneamente si crede, solo perché le grandi città sembrano terreno di lotta tra idee e programmi. Le elezioni si vincono nei paesi, nelle provincie, porta a porta, favore per favore, promessa per promessa, cinquanta euro per cinquanta euro. Tra le elezioni politiche e il territorio esiste un legame fortissimo, direi indissolubile. Se televisioni e carta stampata ci abituano – o forse ci distraggono – con un dibattito che sembra giocarsi tra i candidati alla presidenza del Consiglio, è sul piano locale che tutto viene definito attraverso un uso del voto che non rispetta il sillogismo ti scelgo perché condivido il tuo programma.

    Quanto piuttosto ti voto perché mi hai fatto un favore, perché me lo farai, perché sei in grado di farmelo. O perché mi paghi per eleggerti. Oltre al voto di scambio criminale, quindi oltre alla sistematica truffa ordita in danno della nostra democrazia, truffa che se smascherata può essere sanzionata dalla legge (in verità attualmente le maglie sono piuttosto larghe da garantire impunità in molti casi in cui manifestamente vengono acquistati pacchetti di preferenze), esiste un voto di scambio che definirei “acceleratore di diritti”, qualcosa di “fisiologico” in una democrazia malfunzionante come è quella italiana. Come ho fatto altre volte, ho deciso di aprire una discussione su Facebook. Ho chiesto a chi mi segue di portare le proprie testimonianze sul voto di scambio. Ho chiesto di raccontare quel che hanno vissuto direttamente o che gli è stato raccontato. Il quadro che emerge è drammatico e invito – certo che la sollecitazione cadrà nel vuoto – i partiti politici e il prossimo governo a prenderne atto. E a porvi rimedio, se non fosse che in tanti anni di denunce una cosa l’ho capita: il voto di scambio per molti, per troppi, non è un terribile nemico ma un portentoso alleato, se non addirittura una condizione irrinunciabile.

    Le testimonianze raccolte su Facebook mi hanno colpito perché spesso è più comodo un generico: “Si sa come funziona”, senza mai fare luce sui singoli meccanismi, che soli consentono di cogliere la cifra del fenomeno. E invece in molti hanno descritto le loro esperienze, talvolta anche di connivenza. Fabiana ha rifiutato un lavoro in cambio del voto che avrebbe dovuto dare. A Paolo è stato chiesto di sostenere un candidato perché gli fosse confermato il posto. Anna Maria racconta che a Civitavecchia un voto valeva cinquanta euro.

    Antonio ricorda che nel suo territorio offrivano in cambio del voto di tutto il nucleo familiare, un lavoro al primogenito.
    di Roberto Saviano

  7. Elena scrive:

    Soldi, dannati soldi, che riducono la gente in schiavitù e la distolgono dall’agire virtuoso degli affetti, della solidarietà e della responsabilità comune. Non per nulla Gesù mette in guardia: “non si può servire a due padroni” (Lc.16,13). Padrone diventa il denaro.
    Si son messi in tasca dei soldi dannati, saranno dannati.
    II dannato, invece, non trova alcun sollievo, anzi, il pensiero che i suoi tormenti non avranno fine è come un macigno che rende più atroce ogni altro dolore.

    Chi va all’inferno (e chi ci va, ci va per sua libera scelta) vi resta… in eterno!!!

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