Nell’Ottocento vi soffrirono i padri del Risorgimento, negli anni bui del fascismo le sue celle opprimenti, progettate per ‘dominare le menti dei detenuti’, ospitarono uomini che hanno fatto l’Italia di oggi e l’Europa, da Altiero Spinelli a Sandro Pertini, da Umberto Terracini a Mauro Scoccimarro. In abbandono dagli anni ’60 del Novecento, il maestoso carcere borbonico di Santo Stefano costruito nel 1797 sulla minuscola omonima isola davanti a Ventotene, quasi un’Alcatraz italiana, ha tutti i titoli per inserirsi fra i simboli della cultura e dell’identità europea da recuperare, di fatto un po’ un’icona della proposta che Renzi ha fatto nei giorni scorsi ai colleghi Hollande e Merkel.
In questo caso il progetto di recupero c’è già, ampiamente annunciato dal governo lo scorso gennaio, proprio da Ventotene, e finanziato a maggio con 70 milioni del Cipe. Ma l’incontro “altamente simbolico” dei giorni scorsi, fa notare il ministro della cultura Franceschini, “ci rafforza anche nel percorso di recupero dell’ex carcere”. Perché se i lavori sono già comunque decisi e dotati della necessaria copertura finanziaria, il coinvolgimento dell’Europa darebbe certo una marcia in più all’iniziativa italiana, che prevede la messa in sicurezza e la trasformazione in museo del penitenziario e la creazione di un approdo e di un eliporto per rendere raggiungibile l’isoletta, ma anche la riconversione degli spazi accessori in locali che possano ospitare incontri e convegni, nonché una scuola ‘di Alti Pensieri’ da aprire ai giovani della futura classe dirigente europea.
Il cantiere è partito e la messa in sicurezza della grandiosa struttura ormai assediata da erbacce e tetti pericolanti, finanziata con 446 mila euro di fondi Mibact, sarà completata entro la fine di settembre (ad agosto le necessità turistiche dell’isola pontina hanno reso necessario uno stop perché non si potevano usare le banchine del porto per lo stoccaggio dei materiali edili). L’avvio vero e proprio dei lavori di restauro è invece previsto per l’inizio del 2017.
Intanto a fine luglio è stato consegnato il rilievo fotografico in 3d (indispensabile per monitorare la salute del carcere e per i restauri); ai primi di agosto è stato consegnato uno studio di fattibilità che individua un possibile approdo nella zona di Marinella (in via di approvazione) e sono stati definiti la zona e i tempi necessari per realizzare l’eliporto.
Il 13 settembre è prevista una riunione del tavolo tecnico di coordinamento con l’obiettivo di chiudere nei tempi stabiliti tutta la fase ‘autorizzativa’ del progetto. Progetti e gestione delle gare verranno affidate ad Invitalia. Un impegno non da poco, se si pensa che solo il carcere voluto da Ferdinando IV di Borbone, tre piani, tre gironi circolari fatti solo di angusti buchi di detenzione, con un’architettura progettata da Francesco Carpi sul modello del tremendo Panopticon teorizzato dal giurista Jeremy Bentham (l’idea era di permettere a un secondino di sorvegliare tutti i detenuti senza che questi potessero capire se erano controllati o no) si estende per quasi 30 mila metri quadrati (28.300) con oltre 200 celle. E poi ci sarà da restaurare e riconvertire gli edifici aggiuntivi, oltre che realizzare approdo ed eliporto. Una prima fase di conclusione lavori potrebbe arrivare per il 2020.
Insomma, ci vorrà tempo, anche se l’idea è quella di un cantiere comunque ‘aperto’ alle visite dei turisti. Ma intanto il carcere, il vecchio Ergastolo che negli anni ’80 qualcuno sognava di trasformare in un resort a cinque stelle, manterrà alta la sua funzione di monito.
Fonte: ANSA