Tragedia di Cala Rossano: il sindaco rifiuta le responsabilità

Il sindaco Giuseppe Assenso

Il sindaco Giuseppe Assenso

Tragedia di Ventotene, nuova udienza del processo per la morte di Sara Panuccio e Francesca Colonnello, le due studentesse romane, decedute il 20 aprile 2010 a Cala Rossano a causa di una frana mentre erano in gita scolastica. Sono accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime: l’attuale sindaco di Ventotene Giuseppe Assenso, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, il geometra Pasquale Romano e del Genio Civile di Latina Luciano Pizzuti e l’ex sindaco Vito Biondo. Tre i testi della parte civile ascoltati nell’udienza di lunedì 13 maggio. Per primo a comparire sul banco dei testimoni davanti al giudice Carla Menichetti nell’aula del Tribunale di Gaeta, è stato il Comandante della Polizia Municipale di Ventotene. Dal suo racconto, tra i tanti non ricordo, è emerso che dal 2004, anno in cui a poche decine di metri dal luogo del crollo del 2010,sempre a Cala Rossano, si verificò una frana, l’area non fu più transennata perchè furono effettuati lavori di messa in sicurezza, terminati nell’ottobre 2004 e che ottennero il collaudo favorevole da parte il genio civile di Latina. Sono stati poi ascoltati i dirigenti della regione lazio. Filiberto Zaratti, assessore all’ambiente dal 2006 al 2010, che ha dichiarato di non aver mai ricevuto segnalazioni di pericolo frane dal comune di Ventotene. L’altro testimone, Raniero De Filippis, Direttore del Dipartimento Territorio della Regione Lazio, ha confermato che nella Conferenza Programmatica per la redazione del Pai, Piano di Assetto Idrogeologico, avvenuta nel 2009, il Comune di Ventotene non fece alcuna segnalazione di pericolo frane. Secondo la difesa, la conferenza sul Pai del 2009, non era la sede giusta per fare segnalazioni. Abbiamo raccolto le dichiarazioni del sindaco Giuseppe Assenso e dell’avvocato Luca Scipione. Abbiamo raccolto ai nostri microfoni anche l’appello del padre di Sara, Bruno Panuccio. Ascoltiamo

Fonte: Golfo TV

 

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2 risposte a Tragedia di Cala Rossano: il sindaco rifiuta le responsabilità

  1. o'pazzariello scrive:

    Il caro Geppino tene ‘o core cu ‘e pile ‘ncoppa! Ma o’ sapimm vruocculi, figli e foglie! E ràreche, rarechéa.
    A Geppino tene ‘na bbella mano a ffà ‘e zeppole!Tene ‘e sante ‘mparaviso, tene ‘a mangiatora vascia.
    Nun può dì : steva già scritto… aveva ji accussì!
    Mo ll’onesto è scamazzato, e ‘o ‘mbruglione è cavaliere!
    “Comme è bella ‘a pulizia”, dicette chillo ca se giraje ‘a mutanda ’o cuntrario!
    Ma o’ sapimm addò vède e addò ceca

  2. Vincenzo scrive:

    La strada costruita sul vuoto
    1 luglio 2010
    Un camion di diversi quintali in sosta su un costone segnato nelle mappe dell’Autorità di Bacino come a rischio. Un altro, con una cisterna di carburante, fermo a pochi metri. Entrambi sono su una viuzza che, spiega il geologo Riccardo Caniparoli, «non ha le caratteristiche tecniche per essere usata come strada per il trasporto di merci fino al molo di servizio posto poco più avanti». Una pista che corre sospesa su due grotte tufacee sottostanti. A picco sul mare. Appena sotto, tra gli scogli smussati dall’erosione marina e del vento, c’è una ragazza che fa il bagno. È la stessa zona di cui Terra ha già raccontato nel numero di domenica scorsa: ci si accede camminando per pochi metri nell’acqua, che qui è bassa. Non è interdetta. E lo strato che separa la strada dalla parete della grotta, che rientra per diversi metri nella terraferma, è molto sottile. Pochi metri sotto c’è la grotta. «I camion non dovrebbero sostare lì, né tantomeno transitare…»«Il transito continuo di mezzi pesanti, che peraltro in questa zona è continuo a causa della presenza del molo commerciale al termine della strada, provoca delle vibrazioni pericolose per lo strato di roccia. I costoni delle grotte non sono idonei a sopportare un continuo e costante transito di mezzi pesanti.E mentre la zona del dramma non era segnata in rosso sulle mappe del rischio idrogeologico, quella dove s’inerpica la stradina invece lo è: “Area a pericolo elevato di categoria B”, secondo l’Autorità di bacino. Riccardo Caniparoli: «il territorio non è statico ma dinamico, nel tempo e nello spazio». Ma se una zona che non era considerata a rischio poi nei fatti si è dimostrata tragicamente tale, perché per una già inclusa in una zona di pericolo si continuano a riprodurre situazioni di rischio potenziale, come il transito di camion che trasportano anche cisterne di carburante? E perché non c’è nemmeno un cartello che avvisa del pericolo i bagnanti che decidono di camminare sul bagnasciuga appena pochi metri più sotto? «Ma noi qui sappiamo dove non andare perché è rischioso», risponde un operatore turistico del luogo, intento ad accogliere i visitatori che, nel giorno di San Pietro e Paolo, patroni di Roma, affollano in gran numero Ventotene.
    Allora abbiamo capito: si salva chi sa, chi non sa può anche morire, allora stiamo lontano da Ventotene .

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