Lidia Ravera racconta l’originale festival letterario che per sei giorni confinerà otto autori sull’isola di Ventotene a immaginare e comporre storie
La prossima settimana, sull’isola di Ventotene, prenderà il via la prima edizione del festival letterario Gita al Faro, sotto la sua direzione artistica. Quattro scrittrici e quattro scrittori confinati per sei giorni sull’isola, a scrivere, a immaginarie storie, a raccontare. Perché un nuovo festival letterario in Italia? Cosa vi spinge a questa avventura?
Chiamiamolo festival, o festa, o ritiro spirituale. È un evento che riguarda due mie grandi passioni: lo scrivere e le isole. E come interagiscono fra loro. Non c’è scrittura senza il coraggio dell’isolamento. Silenzio, intimità con se stessi, tempo fermo. Le isole provocano la creatività, per quel loro essere circondate dal mare. Il mare, esenzione dal quotidiano. Per quel loro essere distanti, eccentriche, difficili da raggiungere, difficili da lasciare. L’idea di invitare otto scrittori e trattenerli per sei giorni, è contro la tendenza al “mordi e fuggi”, vai parli e riparti. L’iniziativa va nella direzione del desiderio di ricostruire una società letteraria, come esisteva negli anni ’50 e ’60, prima che il marketing ci trasformasse tutti in produttori di merci, incapaci o impermeabili allo scambio di idee, al confronto, alla valorizzazione reciproca. Invitare otto scrittori e rinchiuderli. Confinarli. Costringerli a frequentarsi e a scrivere. Obbligarli a dare prova della loro capacità di farsi influenzare da un luogo. La bellezza, la natura, la storia: Ventotene ha tutto. A Ventotene sono stati internati uomini illustri: Spinelli, Camilla Ravera, Pertini. È stata carcere ed è meta di vacanze non banali. Ventotene è circondata dal mare. Un confine mobile. Un elemento che provoca parole, per quella luce che cambia continuamente e ne modifica consistenza e colori. Ci sono mille stimoli a Ventotene. La sfida è: vediamo che cosa riuscite a comporre, inventare, immaginare, vediamo che cosa riuscite a scrivere sull’urto di questa bellezza, di questa storia, di questa geografia. Un festival diverso dagli altri. Gli scrittori non potranno difendersi dietro i loro libri. Non ci sarà un vincitore, una terna, un premio. La giuria sarà il pubblico. La capacità di affascinarlo. Anche leggendo. Io credo che il mio miglior attore è l’autore stesso. È una iniziativa promozionale, certo, ma promuove la scrittura, più che gli scrittori, e gli scrittori li racconterà come autori, come esseri umani che hanno scelto di vivere scrivendo, non come produttori di mercelibro, da piazzare per la stagione e dimenticare subito dopo. Io li intervisterò tutti, uno per uno. Poi discuteremo tutti insieme, in tre cene-conversazione che saranno registrate. I temi? Martedì: “Ispirazione: aspettarla o indurla artificialmente?”; mercoledì: “Autofiction: il realismo della soggettività?”; giovedì: “Tq, Cs, So… cioè: trenta/quarantenni, cinquantenni/sessantenni, settantenni/ottantenni: il fattore età e la letteratura”. Io introdurrò brevemente ogni cena e si aprirà la discussione. Cenare e conversare, come accadeva prima che la televisione ci mangiasse la lingua.
Dal 29 giugno al 1° luglio i racconti degli otto scrittori verranno sottoposti al “Tribunale benigno dei lettori”, due serate di reading, dunque, aperte al pubblico. Come spiega questo paradosso tutto italiano per cui convivono fiere, saloni, festival letterari molto partecipati e le più basse percentuali d’Europa di libri letti?
Esistono i lettori forti. Sono pochi. Sono come una famiglia di affini. Le isole piccole, come Ventotene, come Stromboli, dove io vivo cinque mesi all’anno, sono frequentate da lettori. Gente che preferisce stendersi su uno scoglio con un libro, che fare lo struscio sul lungo mare con qualche status symbol al guinzaglio. Gente che fra guardare e essere guardata, preferisce di gran lunga guardare.
L’isola come luogo geografico, ma anche dell’anima, ha una sua fascinazione intrinseca. Un fascino che lei conosce e coltiva. Cosa l’attrae in un’isola?
Mi attrae la lontananza, in un tempo in cui tutto cospira per farci sentire sempre vicini, dai cellulari a Skype alla rete; mi attrae quell’esercizio di solitudine volontaria, che ti aiuta a crescere, ad approfondire, ad andar avanti, a migliorare la tua capacità di vedere e raccontare, di percepire e evocare.
Confinare otto scrittori su un’isola, rappresenta la voglia di allontanarsi dal resto del paese o è un modo per vedere meglio?
Per uno scrittore la vacanza non esiste. Il vuoto non è contemplato. Anche semplicemente vivere è un lavoro, vivere e guardar vivere. Quale luogo più adatto di un’isola per attendere a questo compito, a questo destino?
Barbara Alberti, Marco Baliani, Caterina Bonvincini, Marco Lodoli, Francesco Pacifico, Laura Pariani, Sandra Petrignani, Sandro Veronesi. Sono gli otto intrepidi della “Gita al Faro”. Perché loro, come li avete scelti?
Li ho scelti perché sono scrittori veri, scrittori seri, non carne da best seller, non imprenditori di se stessi e basta. Ce ne sono anche altri, che mi stimolano e che ammiro, Emanuele Trevi, Walter Siti, Michela Murgia, Nicola la Gioia, ma: la radio, lo Strega, il festival di Gavoi, un evento in Francia, gli scrittori vanno a ruba d’estate. Verranno l’anno prossimo. Intanto questi otto sono tutti scrittori per indole e per passione, non soltanto per professione, scrittori che sanno riflettere sulla scrittura, tutta gente che merita l’esperienza del confino a scopo creativo, la sua porzione di isola. La sua magnifica galera…
Blog, Twitter, social network, citizen journalism, in un mondo in cui sembra che tutti abbiano qualcosa da dire, da scrivere, secondo lei, chi è lo scrittore oggi? Quali sono i suoi compiti, i suoi strumenti di lavoro?
Lo scrittore è quello che non può fare a meno di scrivere. Suo compito è quello di guardare, scoprire nuovi dati, metterli in relazione fra loro. È un allenatore dello sguardo. Il suo strumento è la parola. La parola scritta. Quella durevole della letteratura, non quella effimera del bla bla quotidiano. E i cinque sensi, anzi sei, come sostiene Flannery O’Connor: la letteratura è un’arte che ha bisogno di tutti i sensi in stato di massima allerta.
La forma-romanzo ha ancora una sua validità? È ancora in grado di raccontare la realtà, l’essere umano e i suoi turbamenti, o appartiene al passato? Riesce ad adattarsi o mostra ormai la corda?
La forma romanzo è mutevole. Non è fissa. Non è di pietra. Ci sono milioni di modi di raccontare la vita, milioni. Gli scrittori sperimentano ininterrottamente nuove forme per raccontare.
Il movimento “Se non ora quando”, di cui lei fa parte, vuole riaffermare la centralità della donna, adesso, riprendersi i propri spazi, ribaltando un’immagine degradante che purtroppo in Italia, in questi ultimi anni, ha avuto fin troppa cittadinanza. Con il cambio di governo (tre donne nei ministeri tra i più importanti) e con l’uscita di scena di Berlusconi, l’emergenza è passata? Cosa risponde all’accusa di chi dice che quel movimento rischia di avere un taglio moralista e che nel tentativo di ribaltare un modello culturale corra il rischio di una deriva perbenista?
Balle. Snoq ha rimesso in circolazione una parola importante: dignità. È un movimento animato da tre generazioni di donne, trasversale e non ideologico né separatista. È il risveglio delle donne da tre decenni di umiliazione. Non si tratta di essere bigotte o mignotte si tratta di essere persone e non oggetti, merce di scambio, funzione del desiderio altrui. Dopo la caduta di Berlusconi il movimento è andato avanti, con una manifestazione “se non le donne chi” in cui si poneva come interlocutore del nuovo governo. Sarà in campo con una grande campagna per la democrazia nella rappresentanza, 50 per cento donne e 50 per cento uomini. Come ha raccolto centinaia di migliaia di firme contro il femminicidio. È un movimento vivace, che non cade nell’errore del femminismo storico, di chiudersi in conventicole.
Se dovesse indicare una via d’uscita, un faro per l’Italia, a cosa farebbe appello?
Alle donne, appunto. E non le donne cooptate dai partiti, le donne portate e sostenute dal movimento delle donne.
Fonte: Europa Quotidiano
che amarezza……