Era una tranquilla mattina di primavera dello scorso anno, i ragazzi della scuola media Anna Magnani di Morena (Roma) scherzavano sulla spiaggia di Cala Rossano sull’isola di Ventotene, altri stavano camminando con gli insegnanti lungo la strada che porta in paese. La tragedia si è consumata all’improvviso, sull’arenile, a pochi metri dal mare. La parete che sovrasta la spiaggia cede di schianto, si sgretola, una massa di terriccio e due o tre enormi massi rotolano sulla sabbia tra le urla dei ragazzini che scappano. Tra una nuvola di polvere i massi avanzano e quando tutto sembra finito due studentesse restano sotto i macigni. Sara Panucci, 14 anni e Francesca Colonnello, stessa età, restano schiacciate sotto il peso di quei sassi. Accorrono gli amici, alcuni dei quali sono rimasti feriti lievemente perché solo sfiorati dalla frana, accorrono i professori, increduli. Si chiamano i soccorsi ma per Sara e Francesca sarà inutile. Le loro giovani vite sono ormai spezzate.
Ventotene era da anni la meta dei campi scuola, la spiaggia di Cala Rossano una tappa dove assistere alle manovre da fare su una barca a vela.
E invece in quella maledetta mattina del 20 aprile è accaduto quello che nessuno immaginava che potesse accadere. «Su quella spiaggia ci mandavamo anche nostri figli» dichiareranno il sindaco Giuseppe Assenso e altri abitanti dell’isola.
Ma l’inchiesta giudiziaria che è seguita a quella tragedia sembra essere orientata diversamente. Crolli c’erano stati in passato, le falesie, sollecitate dall’erosione del vento e del mare si sgretolano, ogni anno cedimenti più o meno grandi si ripetono. Per questo, secondo le perizie che sono seguite quella spiaggia avrebbe dovuto essere inserita tra quelle a rischio nel Pai (il Piano di Assetto Idrogeologico). Così non è stato.
E ora per quella tragedia il sostituto procuratore di Latina, Vincenzo Saveriano, prima di lasciare il capoluogo pontino per essere trasferito a Roma, ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro persone delle dieci inizialmente iscritte nel registro degli indagati. Si tratta del sindaco attuale di Ventotene, Giuseppe Assenso, del suo predecessore, Vito Biondo, e di due tecnici, quello comunale Pasquale Romano, e quello del Genio civile di Latina Luciano Pizzuti. Archiviazione richiesta per il dirigente dell’Autorità di Bacino. Secondo quanto è emerso nel corso dell’inchiesta e delle perizie richieste dal magistrato, malgrado ci fossero stati dei precedenti crolli nella zona e per questi era stato chiesto al comune di mettere in sicurezza tutta l’area, gli interventi sarebbero stati parziali. Alle sollecitazioni dell’autorità regionale, non sarebbero mai seguite indicazioni sui rischi esistenti a Cala Rossano. Naturalmente il nutrito collegio di difesa (avvocati Renato Archidiacono, Giovanni Lauretti, Luca Scipione e Michele Saponaro) è pronto a contestare le tesi dell’accusa nel caso il gup dovesse accogliere la richiesta del pubblico ministero e decidere per il rinvio a giudizio degli indagati di duplice omicidio colposo. Il sindaco Giuseppe Assenso, che è medico ed era stato uno dei primi a intervenire sul posto, non intende commentare. «Per rispetto delle famiglie e del lavoro dei magistrati» ebbe a dire quando fu iscritto nel registro degli indagati. A poco più di un anno di distanza dalla tragedia l’area di Cala Rossano è ancora recintata e sulla sabbia dove sono morte Sara e Francesca sono spuntati dei fiori. Di plastica.
Fonte: Il Messaggero