Un’isola diventata un cantiere per le grandi opere pubbliche

Un’isola che somiglia più a un cantiere. Ad un anno di distanza dalla tragedia delle due studentesse romane a Cala Rossano, Ventotene è costellata di transenne, pali e reti di protezione. Si comincia con il Porto Romano, dove sono ancora son ben visibili le impalcature che accolgono i passeggeri che vengono dal continente. Un’immagine che fotografa meglio di tante parole lo stato di instabilità di un’isola fatta di tufo, friabile, che alla minima scossa si sfalda. Così come è accaduto a Cala Rossano, in quel giorno maledetto del 20 aprile 2010. E nonostante quella tragedia l’amministrazione capeggiata dal sindaco Geppino Assenso ha approvato in consiglio comunale il progetto per la costruzione di un tunnel lungo 300 metri e largo sei e mezzo, dal costo di sei milioni di euro, che servirà a collegare il porto nuovo con il centro del paese. Un’opera che non ha mancato di attirarsi le critiche da più parti. Il primo a gridare allo scandalo è stato Bruno Panuccio, padre di Sara, una delle due studentesse morte per il crollo di Cala Rossano. A seguirlo Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi in consiglio regionale che ha presentato un’interrogazione. E giù a ruota il Movimento Ambientalista Eco Italia Solidale e il Wwf. Era inevitabile che una notizia del genere non facesse il giro d’Italia. Soprattutto meraviglia la necessità o meno di un’opera mastodontica del genere, in un’isoletta di appena 1,2 chilometri di lunghezza, dove ancora oggi la ferita della tragedia di Cala Rossano, resta aperta nel cuore dei ventotenesi.

Fonte: La Provincia

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