Ventotene, non solo frane

La presentazione di un libro della Gargiulo su confinati e isolani sotto le leggi speciali

Il prossimo 27 Gennaio 2011, Giornata della Memoria, a Vallo di Lucania verrà intervistata presso l’aula consiliare Filomena Gargiulo, autrice del libro “Ventotene isola di confino. Confinati e isolani sotto le leggi speciali. 1926 – 1943”. Edito da Ultima Spiaggia, nuova casa editrice fondata da Fabio Masi, storico libraio dell’isola pontina – è la prima ricostruzione completa del confino fascista sull’isola di Ventotene, dove poco più di 2.000 anime, tra confinati, guardie e isolani, hanno intrecciato per lunghi anni le loro vite, le sofferenze e i sogni, e dove sono germogliate quelle idee dalle quali nel dopoguerra sono nate l’Italia Democratica e Repubblicana e l’Europa Unita. L’Autrice, Filomena Gargiulo, è una ventotenese doc, che grazie ad una caparbia tutta isolana, unita all’amore sviscerato per la sua terra, è riuscita in cinque anni a ricostruire e a documentare con perizia e rigore le testimonianze e i fatti che hanno determinato uno dei periodi più bui e al contempo più importanti della nostra storia recente, strappandoli all’oblio che rischiava di ingoiarli inesorabilmente. Il volume è un viaggio ricco di foto d’epoca e di note puntuali che attraversa luoghi, storie personali, fatti storici ed episodi di varia umanità avvenuti dal 1926 al 1943 su un territorio piccolissimo (una ‘ciabatta in mezzo al mare’, come la definì Camilla Ravera, grande appena 1,2 Km2) battuto dai venti e dal sole, dove natura, fame e prostrazione hanno accomunato mille isolani , trecentocinquanta guardie e circa ottocento confinati politici. Uomini e donne come Camilla Ravera, Umberto Terracini, Sandro Pertini, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e moltissimi altri che attraverso la dignità, il valore personale, la forza interiore e il coraggio nella difesa dei propri ideali hanno potuto restituire al nostro Paese la libertà e l’indipendenza di cui noi tutti oggi godiamo, gettando le premesse dell’Europa libera e unita.

Fonte: Parvapolis

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Una risposta a Ventotene, non solo frane

  1. GIUSTO FRA I GIUSTI

    Qualche tempo addietro ho accompagnato Padre Pier Sandro Vanzan, grande amico della Comunità Casa del Giovane, giornalista e scrittore della Civiltà Cattolica, nell’Aula Magna della Questura di Pavia perchè relatore del Convegno in memoria di Giovanni Palatucci.
    Ha iniziato il suo intervento definendo Palatucci eroe umile, servo di Dio come la sua fede, un grande poliziotto non per stazza fisica, ma per quell’amore autorevole che ha saputo incarnare e profondere, uno di quei personaggi che sanno smuovere le coscienze, esempio di grande impatto umano, che non è possibile fare a meno di ammirare e sperare di emulare anche solo di rimbalzo.
    Un funzionario dello Stato che non si è celato dietro le leggi, le sanzioni, quelle leggi antisemite che in tanti fecero rispettare, ma che egli invece sfidò, le mise di lato clamorosamente, rischiando in prima persona, aiutando gli indifesi, quegli ebrei ridotti a cose, non più parte di alcuna umanità, neppure quella più derelitta e sconfitta.
    “Ci tengono dietro le scrivanie, invece di mandarci in mezzo alla gente “: denunciare pubblicamente questa disfunzione bastò per esser punito e spedito al confino a Fiume, ma non riuscirono a placcarlo, fece tutto ciò che solo i miracoli possono fare.
    Morì a Dachau di umiliazioni, di stenti, di tifo, ma non sono le medaglie che ha ricevuto in seguito a farne il famoso Questore buono, bensì l’esser stato testimone attivo della speranza, proprio come sta in quel motto che contraddistingue chi serve in Polizia, vicini alla gente, tra la gente, con la gente.
    Palatucci bandiera di dignità, di fiducia, nonostante le contraddizioni delle leggi, Palatucci dilacerato da quelle leggi che andavano violate, disattese, perché profondamente sbagliate, proteso a salvare quanti più cittadini in disgrazia, di ebrei e futuri deportati, uomini nati liberi e privati ingiustamente della propria libertà.
    Cinquemila uomini trasse in salvo, esseri umani destinati al macero, facendoli fuggire su navi greche, dirottandoli con documenti falsi, nascondendoli dallo zio Vescovo, dove l’accoglienza si fece salvezza.
    Quale spirito scavava al fondo della sua anima, muoveva i passi della sua missione, forse occorre chiederlo a quanti ha salvato per comprenderne il furore di Giustizia, ben sapendo che solo colui che è lassù sopra di noi, è nella posizione di salvare chicchessia, ma forse Palatucci ha avuto dal suo “Capo”, l’autorizzazione a farsi uscita di emergenza.
    Non andavano da lui, era lui che andava a cercare quegli uomini, quelle donne, quei bambini, in procinto di varcare i cancelli della morte nei campi di stermino, quando non erano neppure più numeri da apporre alla fossa.
    In ebraico il titolo di giusto tra le nazioni di Israele, significa santo, sono 417 i giusti degli ebrei, ognuno per lo meno con una azione eroica al suo attivo: Palatucci fu eroe tutti i giorni, nei gesti quotidiani ripetuti, nel rispetto della sua fede, oltre la legge degli uomini, un esempio da portare a mano nelle scuole, nella vita di ciascuno.
    La Shoà, un dramma che si sta studiando ancora per il bisogno di riappacifare, riconciliare, metabolizzare per non negare l’inaccettabile, bisogna ricordarlo e bisogna guardare a “Palatucci giusto fra i giusti, perché davvero pochi lo furono veramente, molti furono complici”.

    Vincenzo Andraous
    Counselor e Tutor
    Comunità Casa del Giovane

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