Perchè tante frane?

L’Italia è quasi totalmente a rischio idrogeologico a causa di cementificazione, condoni edilizi, burocrazia, speculazioni, consumo del territorio e devastazione del paesaggio. Stando a un dossier presentato recentemente da Legambiente, 5581 Comuni – il 70% del totale – sono a rischio elevato. Il 100% del territorio di Calabria, Umbria e Valle d’Aosta è in analoga condizione, nelle Marche il 99% e in Toscana il 98. Sono dati pubblici. L’indagine Ecosistema rischio, che è stata presentata dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso pochi mesi fa, contiene la classifica dei Comuni a rischio inondazione, l’elenco dei pericoli per gli abitanti, il conteggio ufficiale dei ritardi imputabili a governatori e sindaci. Si legge ad esempio che la Sicilia è ultima nella graduatoria della prevenzione, con l’8% di interventi per mitigare l’allarme idrogeologico. In Sicilia il 93% dei Comuni sono in zone a rischio, nella lista nera segue la Toscana (91%). In Sardegna c’è la maggior percentuale di Comuni con interi quartieri costruiti in zone a rischio, mentre in Sicilia e Toscana si segnala anche il più elevato numero di Comuni con insediamenti industriali e produttivi in aree esposte a rischio idrogeologico.
Per prevenire frane e tragedie si fa poco o nulla: fango e morte possono colpire dovunque, in montagna o in pianura, nelle metropoli o nei piccoli paesi della pedemontana. Molti sindaci si dichiarano impotenti e quando piove vegliano. Le vittime di Giampilieri, così come quelle dell’alluvione di Messina possono capitare quasi ovunque, in Italia. E tuttavia le cosiddette opere
di «messa in sicurezza» spesso si trasformano in alibi per continuare a costruire. Molti cantieri, spacciati dalle amministrazioni locali per «manutenzione dei bacini» coprono le speculazioni edilizie lungo fiumi e torrenti. Così basta un po’ di pioggia per causare allagamenti e provocare vittime e danni rilevanti.
La gestione delle acque piovane è uno dei grandi problemi ambientali, anche in città. Sarebbe necessario adeguare le reti di raccolta dell’acqua, coniugando sicurezza e recupero della risorsa idrica. Bisogna sorvegliare prima di tutto torrenti e fiumare. Poprio in prossimità di fiumare e torrenti si sono verificati gli eventi peggiori e sono stati compiuti gli scempi più gravi. E’ rischiosissimo costruire nelle aree di esondazione dei corsi d’acqua, e sui versanti franosi e instabili.
Ogni Regione dovrebbe adeguare le mappe di rischio idrogeologico, pianificando la lotta dura contro gli illeciti ambientali, demolendo gli immobili abusivi, delocalizzando rapidamente i beni esposti al pericolo di frane e alluvioni, costruendo edifici che tengano conto del livello e della tipologia di rischio presente sul territorio. Dal disastro di Sarno ad oggi, i morti sono stati oltre 300 e i danni causati dall’acqua ammontano a una decina di miliardi di euro.

Fonte: Blog di Salvatore Lo Leggio

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