C’era un tempo a Ventotene in cui noi bambini, giocavamo felici su una spiaggia che ci sembrava grandissima e bellissima, la spiaggia di Calanave. Oggi quest’angolo di paradiso non c’è più, è sparito per sempre. Già qualche anno fa un’enorme colata di cemento ne ha inglobato la falesia sovrastante, e in questi giorni a volerci andare si può accedere soltanto ad una minuscola striscia di sabbia sulla battigia, mentre ruspe, scavatori e quant’altro bucano e ingabbiano la roccia.
Alla base della parete i vecchi muretti borbonici sono stati ricoperti di cemento, e chilometri di rete nera sono stati stesi anche in aree che, francamente, non sembrano correre il minimo rischio di cedimento. Pare che addirittura non si potrà più passare dal Grottone, una galleria scavata nel tufo dai Romani, per raggiungere gli scogli del Faro, meta di noi isolani e di migliaia di turisti ogni anno. Certo è che una volta finiti i lavori nessun turista vorrà più venire su un’isola dove la spiaggia è fatta di cemento.
Altro che le bandiere blu di Legambiente, che allo stato dei fatti hanno tutto il sapore di un’operazione di marketing, oltre che di una presa in giro. Ma “è per la sicurezza” dicono tutti! Il mare, che è sempre stato limpido e azzurro ora è marrone e torbido per il fango e la terra dei lavori… pazienza, almeno questo passerà. “È per la sicurezza”, mi dico anch’io.
Eppure mi viene da piangere a vedere così deturpata la mia bellissima isola, e se mi fermo un momento a riflettere alla tristezza subentrano la rabbia e la frustrazione. Sono i sentimenti di chi sa di veder perpetrata un’ingiustizia, di chi vede compiere un crimine senza poter far nulla per impedirlo. Ma come, siamo in un’area protetta, dove in teoria è persino vietato cogliere un fiore o pescare una tellina, e poi si assiste allo scempio che sta avvenendo in questi giorni?
Chi è che controlla, chi ha valutato la compatibilità ambientale di questi lavori, chi è che stabilisce che tutto questo cemento e questo ferro sono necessari, che non si può fare altrimenti? La Riserva Naturale di Ventotene ha un presidente, il sindaco, e persino un direttore, quando c’è. Ma messi di fronte a queste domande non sanno rispondere, addirittura non sanno neppure quando finiranno i lavori, se mai finiranno. Tutto viene demandato alla ditta, che decide modi, tempi e materiali.
Non voglio essere fraintesa, la tragedia di Sara e Francesca, morte sotto un masso a Cala Rossano ci ha colpiti tutti, sia come genitori che come semplici cittadini. La sicurezza e l’incolumità dei cittadini è sacrosanta, e va tutelata sopra ogni cosa, sempre. Tuttavia è fortissimo il sospetto che con la scusa della sicurezza, e in base alla somma urgenza, si continui in realtà a perpetrare la via degli affari, ovviamente per pochi, alla faccia di tutti gli altri e dell’ambiente.
Se così è allora il sacrificio di quelle giovani vite non è servito a nulla! E questo mi fa rabbia, una rabbia tanto forte quanto l’assordante silenzio dei miei concittadini.
Irene Impagliazzo
Fonte: Il Messaggero