Si è chiuso oggi venerdì presso il Tribunale di Terracina il dibattimento che fa seguito alla morte di Sara Panuccio e Francesca Colonnello, travolte e uccise a Ventotene da una frana di tufo mentre, il 20 aprile del 2010, si trovavano sulla spiaggia di Cala Rossano nell’ambito di un campo scuola. Un udienza fiume cominciata alle nove e trenta e terminata dopo sei ore in cui sono stati riascoltati consulenti, in particolare geologi e tecnici dell’accusa, difesa e parti civili che hanno sostanzialmente espresso le tesi già ribadite nelle passate udienze. Degno di nota, come sia il consulente del PM che quelli della difesa hanno concordato sull’importante fatto che la distanza tra il punto in cui ci fu la frana del 2004 e quella letale per le ragazze del 2010 raggiunge al massimo la distanza di dieci metri e che quindi era basilare studiare le cause della prima frana oltre che attenzionare la zona e comprenderla a massimo rischio idrogeologico , di conseguenza interdirla al pubblico o perlomeno porci segnaletica di pericolo. Prima volta in aula poi per un ex funzionario dell’area difesa suolo della Regione Lazio, citato dalla difesa del sindaco Assenso che, un po’ sorprendentemente, ha confermato come la Regione sin dal 2004 fosse a conoscenza del pericolo presente su quella spiaggia ma lo avesse di fatto sottostimato. Quindi un tecnico comunale che partecipò alla conferenza dei servizi del 2004. Ha voluto parlare anche l’attuale sindaco Assenso che ha ricostruito le fasi immediatamente successive al crollo quando raggiunse Cala Rossano cercando, lui medico, di prestare soccorso ma inutilmente. Nel merito della vicenda che lo vede alla sbarra insieme al suo predecessore Vito Biondo, al responsabile dell’ufficio tecnico comunale, Pasquale Romano, e il dirigente del genio civile, Luciano Pizzuti, tutti imputati per omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime, il sindaco ha sottolineato come non sapesse nulla di specifici pericoli sulla spiaggia e che comunque alcunchè avrebbe potuto fare nella sua carica se non sollecitare la Regione a intervenire. Inoltre difendendo il suo operato e chiedendo le ragioni “reali” per le quali è sotto processo, definendo non veriterie le accuse di aver sottovalutato il rischio del dissesto idrogeologico. Il processo è stato infine rinviato al 31 gennaio quando prenderanno la parola il pubblico ministero D’Elia per la sua requisitoria e le parti civili, il 6 e il 14 febbraio le arringhe difensive prima della sentenza di primo grado. Fonte: H24 Notizie
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