La richiesta, da parte della Procura di Latina, di rinvio a giudizio del sindaco di Ventotene Giuseppe Assenso e di altri tre amministratori pubblici locali per l’omicidio di Sara Panuccio e Francesca Colonnello, morte schiacciate lo scorso 20 aprile 2010 sotto un masso di tufo a Cala Rossano, può forse essere letta come un segnale del vento che incomincia a girare in questo sfortunato Paese.
La disperata determinazione nella ricerca della giustizia da parte del padre di una delle bambine morte ha stavolta segnato un punto, e che punto! Mai nessun amministratore infatti era mai stato rinviato a giudizio per le conseguenze di una frana, sebbene tra i suoi oneri ricada anche la responsabilità della sicurezza dei cittadini e la tutela del territorio.
Di fronte ad una simile accusa il sindaco di Ventotene si sarebbe dovuto dimettere, anzi avrebbe dovuto farlo da tempo invece di continuare ad amministrare, tra l’altro male come denuncia la Corte dei Conti, la sua comunità continuando ad appaltare lavori pubblici abusivi (come quello della nuova Stazione Marittima, il cui cantiere è stato sequestrato la settimana scorsa) e proponendo assurdi progetti di megatunnel per sventrare l’isola in nome del profitto.
E invece… La caratura anche politica di un tale personaggio, ex democristiano di ferro riciclatosi nel PD (di cui è membro della Costituente) per poi avvicinarsi al PDL di Cusani e della Polverini, lo porta ad assumere un bassissimo profilo. Tace il sindaco Assenso, fa finta di nulla, aspetta che passi ‘a nuttata. Chi lo conosce bene dice che si comporta esattamente come il padre, anch’egli sindaco dell’isola, che Alberto Jacometti descriveva così durante gli anni del confino fascista: «…furbo, manierato, senza scrupoli, ora umile come un mendicante, ora brutale come un re. Tutta la sua filosofia deve tener in questa frase: o lo fo fesso o mi fa fesso, e per non correre il rischio di essere “fatto fesso” fa fessi tutti…».
Ma fin troppo facile è gettare la croce solo sul sindaco. Egli in fondo incarna la volontà dei suoi elettori, 379 cittadini su 516: il 77% della comunità. Di responsabilità diffusa per la morte di Sara e Francesca, così come per il vergognoso degrado territoriale di Ventotene, parla Bruno Panuccio, dicendo: «dal punto di vista morale ritengo responsabile la comunità di Ventotene in quanto cosciente della pericolosità di alcune zone dell’isola e di non aver evitato così la tragedia».
Il fatto che tutti sapessero che la parete era pericolosa, e il non aver preteso che fosse quantomeno transennata pone a tutti gli abitanti di Ventotene un dilemma quantomeno di tipo morale: d’altronde la storia ci insegna che il silenzio, il lasciar correre, il far finta di nulla senza intervenire hanno sempre avuto conseguenze tragiche.
E dunque ben venga la decisione della Procura, ben venga il processo per dare giustizia a Sara e Francesca, e ben venga, speriamo, il risveglio delle coscienze dei Ventotenesi che per troppo tempo sono rimaste sopite per interesse, paura o semplice ignoranza.
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