Sono passati già due mesi dalla morte del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, ucciso dalla camorra perché persona onesta.
Vassallo, insieme ai suoi concittadini, è riuscito a trasformare il suo territorio in un luogo magico, dove l’attività dell’uomo e la bellezza della natura sono riusciti a trovare un punto di equilibrio raro e specialissimo.
Nella speranza che anche Ventotene e tutte le Polliche d’Italia possano un giorno diventare come la terra di Vassallo, è nostra intenzione ricordarlo attraverso un articolo uscito oggi su L’Unità a nome di Massimo Solani:
Forse non avrei dovuto fare il pescatore, pensò. Ma è per questo che sono nato». Come Santiago de Il vecchio e il mare di Hemingway, anche Angelo Vassallo era nato per fare il pescatore. L’hanno ammazzato due mesi fa perché aveva deciso di essere anche sindaco, fino in fondo senza voltarsi mai dall’altra parte quando ce n’era il bisogno e portando nel cuore l’amore per il suo mare e la sua terra. La stessa, dicono ad Acciaroli, che aveva incantato anche Ernest Hemingway nei suoi soggiorni in Cilento negli anni cinquanta. Forse è solo una leggenda, ma Angelo Vassallo voleva crederci. Per questo aveva organizzato un fine settimana di eventi per ricordare il passaggio ad Acciaroli dello scrittore. Non ha fatto in tempo, però, perché la sera del 5 settembre gli hanno sparato mentre rientrava in casa. E adesso quei cartelli bianchi con le citazioni de Il vecchio e il mare sono rimasti appesi lì sugli ulivi del lungomare, ingialliti dal tempo e sospesi.
Due mesi sono un sospiro, volano via in un battito di ciglia. Ma possono essere un’eternità per chi si appoggia zoppicando ai punti interrogativi che non conoscono ancora risposte. Stefano Pisani era il vicesindaco di Pollica-Acciaroli. Lo sarebbe ancora, ma da due mesi è lui a guidare il Comune. «Non sappiamo niente – dice stringendosi nelle spalle – oggi come allora. Ci restano soltanto i dubbi, le domande e il dolore». E una certezza. «La forza di Angelo era quella di non avere interessi personali nel fare il suo lavoro di sindaco. E non poteva sopportare che gli interessi personali di qualcuno fossero anteposti al bene della sua comunità. Non avrebbe mai potuto accettarlo». Siano stati gli interessi degli spacciatori che miravano alla conquista di Acciaroli, raccontano che il sindaco pescatore ne abbia affrontato più d’uno cacciandolo dai locali del lungomare, o quelli della criminalità organizzata è difficile dirlo. Più facile immaginare che l’ultimo no, l’ennesimo, gli sia costato la vita. Così Acciaroli ha pianto il sindaco amato, l’ha sepolto e ora si è chiusa in sé stessa a ricordare chi l’amico, chi il parente, il fratello il marito o il padre. Il dolore privato che resta dopo le esequie pubbliche e diventa l’unica ancora di normalità di una comunità violentata dall’omicidio e frastornata da funerali, telegiornali e personalità accorse in fila dietro al feretro.
Lo fa anche Angelina Vassallo, la vedova che da quel 5 settembre ha preferito evitare telecamere e microfoni. «La vita continua, male ma continua», dice accarezzando Nuvola, l’ultima arrivata di una comunità di cani e gatti non più randagi che inaugurò Fortunella, la cagnetta che seguiva Angelo fin dentro l’aula del consiglio comunale e che adesso insegue abbaiando in paese le macchine come quelle del suo padrone. Dalla finestra del salotto le onde si distendono placide sul porto di Acciaroli. È piovuto a lungo, il cielo s’è squarciato e il mare sembra caduto dall’alto adesso che i raggi del sole scacciano il grigio e riaccendono i colori. Dalle cornici Angelo sorride ancora, sotto le Piramidi con Angelina o fiero con la fascia tricolore addosso. «Non l’hanno ucciso perché era Angelo Vassallo», dice Angelina. «È morto perché faceva il sindaco e faceva il suo dovere fino in fondo». Pausa. «Per questo il sindaco lo devono ricordare tutti – continua – ma Angelo Vassallo me lo tengo io stretto». Quell’uomo di cui si innamorò quando aveva sedici anni incontrandolo in bicicletta per le strade di Acciaroli. Lo studente di Giurisprudenza che dopo sette esami mollò tutto per mettersi a fare il pescatore, come il padre e assieme ai fratelli, e che con i soldi che la mamma aveva messo insieme vendendo una capra era andato fino in Sicilia per comprare il primo peschereccio. «Negli ultimi giorni era tranquillo – si fa forza Angelina – non aveva pensieri, non era spaventato. Mi avrebbe detto qualcosa…». Annuisce anche Massimo, il fratello minore dei cinque Vassallo. «Durante l’estate abbiamo passato giornate intere a pescare in mare, io e lui da soli. Non una parola, non un accenno a qualcosa che lo turbasse. Non mi avrebbe mai taciuto una simile preoccupazione». Angelo il marito, Angelo il fratello e il padre. Intanto il sindaco continuava il suo lavoro con la testardaggine e il senso del dovere che aveva imparato nelle notti in mezzo al mare e aveva portato fino all’ultimo piano del Municipio di Pollica. «Ma lui più che in Comune il sindaco lo faceva per strada – racconta Angelina – in mezzo alla gente. Per questo gli volevano tutti bene». Come quando con i soldi pubblici fece rimettere a posto il bagno della casa di un anziano disabile che non riusciva più a entrarci. O come quando andava a litigare in Regione o in Soprintendenza prendendo di petto busillis burocratici e assurdità da ufficio. «Qualche tempo fa avevano bloccato i lavori per l’allargamento di una strada a Pioppi, una questione di pochi centimetri di qua o di la – ricorda sorridendo Stefano Pisani – In Soprintendenza fece il pazzo iniziando a gridare fin dalla tromba delle scale. Da inesperto non condividevo il suo modo di agire, glielo dissi e lui mi rispose che in quelle occasioni lui non era più Angelo Vassallo, ma il rappresentante di una comunità e dei suoi bisogni».
«Quando venne eletto per la prima volta fece il giro di tutti i familiari. Disse chiaro e tondo, senza giri di parole: d’ora in poi, guai se qualcuno di voi tira su anche un muretto senza permesso. E non sognatevi nemmeno di venire a chiedere un posto in Comune». Giuseppe è il maggiore dei fratelli Vassallo. Ha passato una vita in mare, poi ha deciso di scendere dalla barca e arrampicarsi in collina a coltivare la viti e gli ulivi. Nelle mani, però, ha ancora la destrezza del pescatore e allora capita spesso che qualcuno gli porti ancora le reti da rammendare con quell’ago da pesca che il marinaio diventato agricoltore usa ancora con l’abilità di una sartina. «Chi ha ucciso Angelo – dice – ha umiliato un paese intero e distrutto cinque famiglie. L’hanno seguito per chissà quanto tempo, e una cosa così non la fa un singolo, un pazzo arrabbiato per chissà quale motivo. Sotto c’è altro, di molto più grosso». Lo dice e intanto guarda fuori verso il mare che è solo un’intuizione in mezzo agli ulivi. «Il vecchio intendeva dirigersi al largo – scriveva Hemingway – e si lasciò l’odore della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino». Angelo Vassallo, forse, se avesse potuto scegliere se ne sarebbe andato così.
Massimo Solani © L’Unità
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