Un camion di diversi quintali in sosta su un costone segnato nelle mappe dell’Autorità di Bacino come a rischio. Un altro, con una cisterna di carburante, fermo a pochi metri. Entrambi sono su una viuzza che, spiega il geologo Riccardo Caniparoli, «non ha le caratteristiche tecniche per essere usata come strada per il trasporto di merci fino al molo di servizio posto poco più avanti». Una pista che corre sospesa su due grotte tufacee sottostanti. A picco sul mare. Appena sotto, tra gli scogli smussati dall’erosione marina e del vento, c’è una ragazza che fa il bagno. È la stessa zona di cui Terra ha già raccontato nel numero di domenica scorsa: ci si accede camminando per pochi metri nell’acqua, che qui è bassa. Non è interdetta. E lo strato che separa la strada dalla parete della grotta, che rientra per diversi metri nella terraferma, è molto sottile. Pochi metri sotto c’è la grotta. «I camion non dovrebbero sostare lì, né tantomeno transitare…», osserva preoccupato il geologo Caniparoli, che ci accompagna in un nuovo sopralluogo sull’isola insieme alla collega Roberta Badaloni e alla troupe del tg1. «Il transito continuo di mezzi pesanti, che peraltro in questa zona è continuo a causa della presenza del molo commerciale al termine della strada, provoca delle vibrazioni pericolose per lo strato di roccia. I costoni delle grotte non sono idonei a sopportare un continuo e costante transito di mezzi pesanti. Così facendo, si accelera decisamente l’usura del territorio e potrebbero avvenire delle fratture nel tufo per l’eccessivo carico e produrre crolli più o meno significativi. Lì la strada, o meglio questa specie di strada, secondo me non ci dovrebbe proprio essere».
Un rischio, quindi, a detta dell’esperto, non solo per chi transita ma anche per chi si trova sotto al costone, ad appena pochi metri dalla spiaggia. Siamo a non più di cinquanta metri dal luogo dove il 20 aprile scorso morirono tragicamente due ragazze, colpite da una caduta di massi. E mentre la zona del dramma non era segnata in rosso sulle mappe del rischio idrogeologico, quella dove s’inerpica la stradina invece lo è: “Area a pericolo elevato di categoria B”, secondo l’Autorità di bacino. Un dato che non può che destare preoccupazioni. Specie alla luce delle parole del segretario generale dell’Autorità dei bacini regionali del Lazio, Bruno Placidi. Che, all’indomani della tragedia, nel corso della trasmissione Mi manda Rai Tre affermò: «La spiaggia di Cala Rossano (dove morirono Sara Panuccio e Francesca Colonnello, ndr) non sembrava a rischio ma, a fatto avvenuto, bisogna ammettere che evidentemente gli strumenti di analisi dell’Autorità di Bacino non sono stati sufficienti». Insomma: i dati sulla pericolosità andrebbero aggiornati. Perché, osserva Riccardo Caniparoli, «il territorio non è statico ma dinamico, nel tempo e nello spazio». Ma se una zona che non era considerata a rischio poi nei fatti si è dimostrata tragicamente tale, perché per una già inclusa in una zona di pericolo si continuano a riprodurre situazioni di rischio potenziale, come il transito di camion che trasportano anche cisterne di carburante? E perché non c’è nemmeno un cartello che avvisa del pericolo i bagnanti che decidono di camminare sul bagnasciuga appena pochi metri più sotto? «Ma noi qui sappiamo dove non andare perché è rischioso», risponde un operatore turistico del luogo, intento ad accogliere i visitatori che, nel giorno di San Pietro e Paolo, patroni di Roma, affollano in gran numero Ventotene.
Forse l’isolano lo sa, ma un turista o un ragazzino no. E quantomeno un cartello, posto ben in evidenza, potrebbe indurre maggiore cautela. A tutti. Sull’isola sono in corso poderosi interventi di messa in sicurezza, come nel caso della bella cala Rossano, dove sono state installate delle grandi, e molto visibili, reti antifrana e rimodellato un costone. Interventi, giudicati da Caniparoli «troppo invasivi e non risolutivi», che avranno impegnato fondi per centinaia di migliaia di euro. Ma di delimitazioni o cartelli che avvertono della presenza di aree a rischio frana, dal costo enormemente più basso, ancora se ne vedono pochi. Troppo pochi. Con l’estate alle porte, il numero di turisti aumenta esponenzialmente. Anzi, di più. «Qui ci sono troppi turisti, e le spiagge sono poche», osserva l’esperto, «e quindi il pericolo che qualcuno si spinga a fare il bagno in zone pericolose è molto alto». A maggior ragione, per prevenire nuove tragedie la prudenza non è mai troppa. E a volte basterebbero davvero pochi euro e un po’ di buonsenso.
Fonte: Terra