Nel 2005 il tratto in cui sono morte due studentesse romane era interdetto da rete e cartelli di pericolo crollo
Adesso a Ventotene corrono ai ripari. Puntano a fare in un anno i lavori “dimenticati” da una vita. In pochi giorni quelli per riaprire almeno la spiaggia di Cala Nave, la più nota dell’isola. Un mese e mezzo fa la tragedia: la morte di Sara Panuccio e Francesca Colonnello, le studentesse romane di 14 anni in gita scolastica, e il ferimento di altri due ragazzini nella zona di Cala Rossano. Una vicenda sulla quale la Procura ha iscritto dieci persone nel registro degli indagati, i periti svolgono accertamenti, mentre emergono documenti e anche una foto che dimostrano come quella zona fosse pericolosa. Non basta il “Pai”, il piano di assetto idrogeologico con il quale sin dal primo momento il sindaco Giuseppe Assenso ripete che quella zona era «l’unica sicura». E’ inutile perché spunta una foto del 2005 dove si vede chiaramente che il tratto dove le ragazze sono morte travolte da un pezzo di tufo era chiuso. Un’immagine pubblicata nel libro di Folco Quilici e Luca Tamagnini dedicato proprio a Ventotene – per i tipi di Photoatlante editore – che tornerà utile anche all’inchiesta. Ma negli archivi dei carabinieri, così come negli atti del Comune di Ventotene e del Genio civile di Latina ci sono anche i precedenti riferiti a Cala Rossano. Quelli relativi ai crolli e agli impegni “solenni” verbalizzati nelle conferenze dei servizi. Per questo non basterà dire che l’ultimo “Pai” indicava come sicura quella zona. Nel libro si vede chiaramente come l’area dove sono morte le due ragazze fosse all’epoca interdetta all’accesso. Pali di legno, una rete metallica, cartelli che indicavano il pericolo di crollo. Se è cambiato o meno qualcosa da allora dovranno spiegarlo i tecnici. Dovranno dire anche perché, nel giugno 2004, si sono svolti i lavori di restauro della parete. Opere necessarie dopo un cedimento che aveva fatto preoccupare addirittura per la stabilità della strada sovrastante. Quella rimasta tranquillamente aperta in tutti questi anni e dove, secondo alcuni testimoni, la mattina del 20 aprile un’autocisterna è passata poco prima della frana che ha ucciso le studentesse della scuola “Anna Magnani” di Morena. Prima ancora, il 18 aprile del 2001, in Comune si era svolta una conferenza dei servizi relativa al ripristino delle coste nel corso della quale si era preso atto delle «numerose frane di parte delle pareti». Compresa Cala Rossano, per la quale venne stabilito anche un intervento. Forse anche per questo oltre all’attuale primo cittadino è indagato il suo predecessore, Vito Biondo. Si erano già registrati dei cedimenti, insomma: quell’area era pericolosa come sin dal primo momento hanno urlato i genitori delle vittime, ma era regolarmente aperta. Per il “Pai” – evidentemente – poteva andar bene così. Ora quel tratto di spiaggia è sotto sequestro, in via precauzionale è inaccessibile tutta Cala Rossano, mentre quello che non è stato fatto in questi anni si cercherà di “recuperare” adesso. Restano l’immagine del 2005 e i verbali delle conferenze dei servizi. Insieme al carico di dubbi su una zona che veniva considerata sicura. Fino alla tragedia di un mese e mezzo fa.
Fonte: Il Messaggero