Cresce l’attesa per la requisitoria in programma domani mattina, venerdì, davanti il giudice monocratico del Tribunale di Terracina Carla Menichetti da parte del procuratore aggiunto Nunzia D’Elia nel processo per la tragedia del 20 aprile 2010 sulla spiaggia di Cala Rossano a Ventotene quando furono travolte da due metri di cubo di le studentesse romane di 14 anni Sara Panuccio e Francesca Colonnello, vittime di una frana durante un campo scuola sull’isola di Ventotene.
Cresce l’attesa soprattutto nei collegi difensivi dei quattro indagati per concorso in omicidio colposo: il sindaco di Ventotene Giuseppe Assenso, il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Pasquale Romano, il sindaco in carica nel 2004 quando avvenne un’altra frana a Cala Rossano Vito Biondo e il dirigente del Genio Civile che certificò nel 2004 la regolarità dei lavori di messa della falesia LucianoPizzuti.
Alla vigilia delle richieste che formalizzerà il magistrato titolare delle indagini il papà di una delle due vittime, Bruno Panuccio, ha scritto una lettera aperta in cui mette in evidenza come nel corso di questi anni siano emersi documenti che hanno messo in luce la pericolosità della zona sovrastante Cala Rossano, conseguenza sia delle varie frane succedutesi, e la richiesta al comune di impellenti interventi di messa in sicurezza formalizzata da alcuni tecnici, primancora della la tragedia di Sara e Francesca.
“In questi anni sono emersi documenti riguardanti la pericolosità del sito in oggetto, conseguenza sia delle varie frane succedutesi, oltre a studi specifici da parte di scienziati con relazioni particolareggiate dei lavori da eseguire trasmesse all’amministrazione comunale, per mezzo delle quali si richiedevano ingenti finanziamenti alla Regione Lazio negli anni precedenti la tragedia di Sara e Francesca.
Ciononostante si sono disertate le conferenze programmatiche del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) volte all’ascolto da parte degli organi regionali dei rappresentanti delle amministrazioni comunali per evidenziare problematiche ed accogliere segnalazioni, fonte primaria informativa per redigere quali debbano essere le zone da riclassificare come R4, e quindi interdire al pubblico accesso, programmare, stanziare fondi, indire appalti pubblici ed intervenire.
Ventotene è nota per essere un’isola di conformazione tufacea, la cui natura la rende fragilissima ed esposta ad un rischio idrogeologico massimo. Fino al crollo del 2010 infatti l’intero perimetro dell’isola era classificato R4 ad eccezione delle due sole spiagge di Calanave e di Calarossano: quelle più facilmente raggiungibili e con maggiore ampiezza, di vitale importanza per l’economia turistica isolana. Ventotene negli ultimi venti anni è stato uno fra i siti balneari più visitati nel Lazio per numero di frequenze da parte dei campi scuola degli studenti del centro Italia, un fiume ininterrotto di denaro. Sulla stessa Calarossano ha sede una delle Scuole Vela più famose d’Italia.
In ogni caso, se proprio non si voleva chiudere la spiaggia, sarebbe bastato transennarne qualche metro a ridosso del costone, oppure apporre una segnaletica indicante il pericolo. Ed invece si è permesso addirittura lo scavo di grotte per il rimessaggio di barche.
Il processo ora volge al termine, dopo le arringhe difensive del 6 e 14 febbraio, e si arriverà a sentenza presumibilmente il 17 febbraio. Dal Vajont a oggi mai, e sottolineo mai, nessun amministratore pubblico italiano è stato condannato per le responsabilità connesse alle vittime da frana nel nostro paese. Per questo il Giudice monocratico Carla Menichetti oggi è chiamata ad emettere una sentenza storica, che ha una rilevanza Politica, Sociale e Civica per il bene della collettività intera di questa nostra nazione. Deve solo trovare il coraggio di essere la prima in tal senso. Se ci riuscirà, risarcirà almeno moralmente anche tutti coloro che hanno preceduto Sara e Francesca in questa tragica e lunga statistica italiana: una lista che non è solo vuoti numeri, ma persone, vite, famiglie e dolore perpetuo. Che non si parli più di fatalità, che non si dica più che è colpa di tutti e quindi di nessuno. Che ci siano scritti nomi e cognomi sui responsabili delle vergogne e tragedie italiane”.
Fonte: H24 Notizie, Roma Report, Latina Oggi