“Questa nota, non so nemmeno io perché voglio scriverla. Forse per non far mettere in cantina, per non mettere nel dimenticatoio, la tragedia successa il 20/04/2010.
Per chi non volesse leggerla, lo capisco: quante volte cerco di non ricordare, o semplicemente non far scorrere immagini di quel momento… almeno voi avete la scelta di non pensarci, io sono costretta la notte, a rivedermi tutto, dal 20 aprile, è da quel giorno che non smetto di sognare tutto, la parete che cade, noi travolte….. tutto era inferno. Tutto.
Questo è un piccolo scritto, che io avevo voglia di scrivere, non per essere al centro dell’attenzione, cavolo, avrei voluto esserlo in un’ altra circostanza; Insomma l’ho scritta, e basta… non ci sono spiegazioni..
Era il 20/04/2010, quando una parete di tufo, venne giù, e travolse Sara, Francesca e me. In quell’istante, era come se qualcuno avesse spento la luce del sole, con la differenza che non sentivo assolutamente nulla; vi sembrerà molto strano, ma io ero felice. C’era la quiete, c’era la pace con tutti, c’era tutto, tranne violenza, guerre, c’era l’amore tra tutti e tutto. Tutti erano in armonia con tutti, questa era la sensazione che avevo. E per questo la morte non è dolorosa.. è un passaggio, è un distacco tra la vita terrena e quella spirituale… era magnifico.
All’improvviso una luce accecante, abbagliante e accogliente, nello stesso tempo; era calda e bella. Poi, vidi scorrere la mia vita, le immagini, le foto, come un treno in corsa, solo che erano molto nitide, anche se erano velocissime.. vedevo i giorni all’asilo insieme a Maria Giulia, insieme a Benedetta, insieme a Sara e Rebecca, e tanti altri. Vedevo i giorni in giardino del mio palazzo, che giocavo insieme a i miei fratelli e Claudia e Ingrid. Vedevo le giornate a combattere insieme ai miei fratelli, con Valerio, e Teo. Vedevo tutte le giornate a scuola con tutti i miei amici. Vedevo le risate insieme a tutti le persone che avevano incorniciato di amore, la mia vita. All’improvviso mi ero ritrovata in un giardino paradisiaco, celestiale, davanti a me c’erano Sara e Francesca, che venivano verso di me, bellissime e leggiadre. Sara con i suoi magnifici capelli ricci, che con la luce avevano un tocco d’argento. Francesca aveva il suo sorriso immancabile sul suo volto, e sembrava che la luce che vedevo, provenisse dal suo sorriso. Mi dissero di stare tranquilla e di tranquillizzare tutti, che anche se loro non sono visibili, sono sempre qui a vegliarci. Una frase che mi aveva sempre ripetuto mia nonna da quando ero piccola, risuonò nelle mie orecchie “Non avere paura della vita” e infatti dietro Sara e Francesca, come in una schiera, come se mi stessero aspettando, vedevo tutti i miei nonni, zii defunti sorridermi.
Una pace così incantevole, che non avevo intenzione di lasciare… ma Sara e Francesca mi hanno dato la spinta, e me la stanno dando tutt’ora, a scrivere questo piccolo scritto.
Riaprii gli occhi, e in quel momento era tutto inferno: dolore e paura, erano palpabili nell’aria, le strilla, i pianti di tanti ragazzi e ragazze, le urla dei professori che chiamavano “Francesca!! Francesca!!”, e io non volevo, non volevo che chiamassero proprio Francesca Colonnello, non doveva, non poteva essere proprio lei. La mia migliore amica Ionelia accanto a me che mi parlava ma non capivo cosa stesse dicendo: ogni persona cara che mi stava accanto, non sapevo chi fosse, ma sapevo che avevano un posto pregiato, nel mio cuore. Ionelia urlava, urlava “Chiamate un’ambulanza!! Chiamate un’ambulanza!!” Sapeva che stavo messa proprio male, sentiva che non riuscivo a respirare, e infatti in quel momento cercava di togliermi la terra dalla bocca, e Giorgia era andata a prendere una bottiglia d’acqua per sciacquarmi, (questo me l’hanno riferito da poco)
Poi vidi un gruppo di persone correre verso di noi, e una persona di una certa età, mi tolse un masso dalla gamba e me la prese per poi raddrizzarla: in quel momento volevo morire. Per tutto quel dolore acceso come un fuoco, mi aveva causato dolore acuto, alla schiena e gamba… ma mi ricordai la frase di mia madre, e risuonò nella mia testa: “Non sempre la via più semplice è la più giusta”. Così decisi di resistere, mi promisi di rimanere lì, e di non andarmene. Mi promisi nella mia mente di vivere. Sapevo di essere morta ma con gli occhi aperti, sapevo di non farcela, ma io, mi dissi, sono l’eccezione; avevo deciso di mandare a fanculo la morte.
Mi ritrovai in elicottero, già in volo, con due persone che mi mettevano un aggeggio, per respirare, e poi sentii una voce, sicuramente era di un uomo, che diceva, “Come fa sta ragazza ad essere ancora viva” e l’altro che lo azzittiva; confabulavano piano, e io sentìì qualcosa come “ragazza… in coma…” non capivo, era come se andassi e venissi. Mi ritrovai in un posto che sapevo era un ospedale, più un pronto soccorso, e sapevo perchè c’erano dottori con il camice che mi guardavano e parlavano, con gli occhi sgranati, e increduli.
Poi tutta la mia famiglia entrò nella sala: bellissimo, semplicemente magnifico, vederli, sapevo che forse era l’ultima volta che li avrei visti, così mi decisi ad allungare la mano, anche se ero dolorante dappertutto, e presi la mano di mio fratello Alessandro. Mi sorrise, ed anch’io, flebilmente dissi “Ciao Ale!” Come ho già detto ogni persona che ha occupato un posto pregiato nel mio cuore,la sentivo, ma non sapevo chi fosse. Non so nemmeno perchè avessi detto Ale, forse era stato il mio inconscio, non so.
Poi arrivò un dottore, e delle ragazze presero il mio lettino, e lo portarono in un altra stanza, credo fosse la sala operatoria, così capìì che mi dovessero operare. Mentre entravo, vidi i visi della mia famiglia e gli sorrisi. “Gli voglio bene”, pensai; mi misero in un posto, con il lettino, e un dottore, penso un chirurgo, mi disse “Stai tranquilla, va tutto bene.” Ma sapevo, che quegli occhi erano tristi e avevano paura. Così, non so chi mi avesse dato il coraggio, non so chi mi avesse dato queste parole, dissi ” Stia tranquillo, perchè io sono tranquilla. Stia tranquillo, perchè va tutto bene. Io mi fido. ” queste parole me le ricordo a memoria, e mi ricordo soprattutto gli occhi di quell’uomo che si illuminarono di coraggio e fiducia in se stesso, che mi guardò mi sorrise e io mi addormentai.
Questo è una scritto, che ripeto, non so nemmeno perchè ho voluto scriverlo. Forse l’ho voluto scrivere perchè volevo far capire il valore della vita, che tutto questo non è scontato, tutto questo ci è dato, non perchè è tutto dovuto, ma per farci capire che la vita è un dono che non va buttato via. Sara e Francesca, sono due perle, di angeli, due tesori, sono per noi il tutto che ci dava gioia e sorrisi. Si sono sacrificate per farci capire, che la vita è un dono, che non va buttata via per stupidaggini, la vita è fatta per ridere, giocare ma anche per evolverci, e non perseverare negli sbagli. E si sono sacrificate anche per farci capire, in che mondo di merda viviamo… pagano prostitute, questi porci di politici, e non pagano per mettere in sicurezza la gente.”
Athena Raco, 14 anni, sopravvissuta alla tragedia di Cala Rossano dove morirono le sue compagne Sara e Francesca – 22 gennaio 2011
Fonte: Facebook
le cose che hai scritto e pensato dovrebbero essere scontate,purtroppo non è così,ma forse è merito di persone come té che hanno il coraggio di scrivere,dire quello che pensano che le cose vanno in meglio e non in peggio.
Auguri di cuore a te e alla tua bellissima isola.
Grazie per il tuo racconto.